Districandoci tra i rovi della musica pop e cantautorale, tempestata ormai di germogli su ogni tipo di palcoscenico, capita di trovare anche qualcosa di inatteso e di più selvaggio, frutto di una natura possente e indomabile. Come quella che viene fuori dalla musica dei Terenzio.
Terenzio, vale a dire Ter ed Enzio: semplicemente un duo, basso e batteria, ma di eccezionale potenza. Direttamente dallo scalo di Lamezia Terme, tra le verdi e stupende terre calabresi, ci fanno volare musicalmente verso qualcosa dal sapore più internazionale, molto meno mainstream rispetto a quanto siamo soliti ascoltare sulle varie frequenze radio nostrane.
Terenzio è un progetto musicale che ringhia e graffia, che viene fuori aggressivo dal profondo dell’anima e che “travolge come un treno”, come dicono a ragione i membri stessi. È un tipo di rock molto legato alla tradizione di fine anni ‘90, quella in cui si usò il rock come cavia per qualunque impronta futuristica sul genere.
I Terenzio hanno ricalcato questa linea attingendo da esperienze noise e distorte, andando a collocarsi tra lo stoner-rock e il math-rock, lasciando comunque intravedere sempre anche qualcosa di metal o hard-rock puro. Insomma, è senza dubbio un genere non adatto ai deboli di cuore, che potrebbe essere inquadrato oggigiorno come qualcosa di post-rock, in maniera troppo superficiale a nostro modo di vedere.
Perché la musica dei Terenzio, che è puramente strumentale, è minimalista ma allo stesso tempo non vuole avere linee guida o canoni rigidi; l’elemento sorpresa, ovvero i classici break di questo tipo di genere, sono intesi più che altro come cambiamento repentino, come una fuga da qualcosa che stava per diventare usuale e monotono. La musica dei Terenzio (che vi abbiamo fatto ascoltare nell’ultima puntata di “The Independence Play”, sulla nostra web radio) trasmette proprio questo: una continua ricerca di qualcosa di differente quando la situazione sembra essersi stabilizzata.
Il loro EP omonimo rappresenta perfettamente quanto detto sul loro stile: quattro tracce espresse con un’energia e una irruenza rock che sembra non esaurirsi mai e che snobba clamorosamente ogni tentativo di distensione sonora o ritmica. A proposito dei ritmi, sono una delle cose più interessanti dell’intera produzione: i cambi di ritmo durante le tracce sono davvero tanti e trattati peraltro egregiamente, dando l’impressione di quella continua metamorfosi a cui ci riferivamo prima. Insomma, questa è davvero una bella scoperta, che in primis i rocker e i metallari non possono farsi sfuggire.
Manuele Foti -ilmegafono.org
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