“Viviamo in un mondo di bugie. E rischiamo molto perché queste bugie vengono spesso sostenute dai mezzi di informazione. La storia ci ha insegnato che il fascismo si instaura piano piano, un passo dopo l’altro contando sulla disinformazione, sull’indifferenza, sul fatto che non si coglie mai il pericolo, su cento episodi uno dietro l’altro che alla fine ci portano ad accettare cose disumane…Dobbiamo renderci conto che non siamo di fronte ad una immigrazione, noi siamo di fronte ad una migrazione che è cosa diversa. L’immigrazione, come è stata l’immigrazione degli italiani in America, è un fenomeno controllabile politicamente, le migrazioni non lo sono. L’Europa nei prossimi anni, nei prossimi decenni sarà forzatamente un continente colorato, una grande mescola di razze e culture, se ci piace sarà così, se non ci piace sarà così lo stesso…In Africa è normale che la gente scappi, quello che è anormale è che ne scappino così pochi perché quel continente lo abbiamo devastato, abbiamo portato guerre e rapine e a quelli che scappano oggi costruiamo muri”. (Gino Strada)

Sono passati sei mesi e qualche giorno da quel 13 agosto 2021 in cui Gino Strada ha lasciato a tutti noi il testimone di una vita diversa da quella che questa società ha scritto che debba essere. Camminare controvento per costruire ponti dove altri costruiscono muri, un compito che sembra impossibile e forse è davvero così. Eppure, è l’unico sentiero che può portare a cambiare l’orizzonte e costruire un futuro.
Molti mesi in più sono, invece, quelli trascorsi da quella fine di giugno 2019, quando Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, attraccava nel porto di Lampedusa dopo aver forzato il blocco della Guardia di Finanza. Dentro quella nave decine di vite, 42 per la precisione, stremate dalla fatica di un viaggio interminabile e ostaggio dell’assurdo e folle braccio di ferro con il governo italiano che negava l’attracco. Quel braccio di ferro era cominciato nei primi giorni di giugno e la responsabilità di quelle tracce di umanità era tutta sulle spalle di Carola Rachete.

“Nessuno ci ha dato risposte, nessuno si è assunto le proprie responsabilità, ora tocca a noi”. Queste le parole che annunciavano la decisione della Sea Watch 3 di forzare il blocco. Erano i mesi del primo governo Conte e a dettare le regole era il ministro degli Interni, Matteo Salvini. Ma quelle linee erano condivise e mai contestate dall’intero Governo, per mancanza di coraggio politico o per omogeneità di vedute. La vergognosa campagna politica e mediatica contro le Ong era diffusa, condivisa e mai messa in discussione, appoggiata anche da una parte consistente dell’informazione. Quella campagna aveva radici profonde, origini condivise da buona parte del mondo politico. Nell’aprile del 2017, Luigi Di Maio, sul suo profilo Facebook, scriveva: “Chi paga questi taxi del Mediterraneo? E perché lo fa? Presenteremo un’interrogazione in Parlamento, andremo fino in fondo a questa storia e ci auguriamo che il ministro Minniti ci dica tutto quello che sa”.

Il ministro chiamato in causa era l’allora responsabile dell’interno, Marco Minniti, che volle fortemente il famigerato Memorandum d’intesa con la Libia, firmato nel febbraio del 2017, allo scopo di bloccare l’arrivo di migranti sulle coste italiane. In cambio l’Italia si impegnava a fornire i mezzi militari necessari, a sostenere l’addestramento della Guardia costiera libica e a contribuire al finanziamento dei “centri di accoglienza”, veri e propri centri di detenzione. Il 1º giugno 2018 nasce il primo governo Conte: Luigi Di Maio e Matteo Salvini, oltre ad esserne vicepresidenti, occuperanno ministeri importanti: Sviluppo economico, Lavoro e politiche sociali per Di Maio, Interni per Matteo Salvini. Quel governo resterà in carica fino al 5 settembre 2019.

461 giorni di governo dedicati in massima parte ad inasprire ogni aspetto riguardante l’immigrazione, a  gettare fango sulle Ong e sul soccorso in mare, a distruggere umanamente e politicamente un uomo come Domenico Lucano e il modello Riace, a scrivere i famigerati decreti sicurezza e farli diventare una legge dello Stato. Qualcuno forse vorrà ricordare quei 461 giorni anche per altre cose: il superamento della legge Fornero e l’introduzione della quota 100, il reddito di cittadinanza e altre iniziative. Credo che quei 461 giorni debbano invece essere ricordati per il violento e vergognoso impatto umano di quei provvedimenti.

Dopo mesi da quel giugno 2019, e dopo il pronunciamento della Corte di Cassazione che annullava l’ordine di arresto emesso dalla procura di Agrigento nei confronti di Carola Rackete “per aver agito in adempimento del dovere di soccorso in mare”, nel dicembre del 2021 viene definitivamente archiviata l’accusa contro la comandante della Sea Watch. Nel frattempo, il governo del Paese è cambiato due volte. Su quanto sia cambiato nella forma e nella sostanza ognuno può avere le sue opinioni; si parla di un “governo tecnico”, quindi oltre le divisioni politiche tra i partiti, di un’unità nazionale dovuta all’emergenza della pandemia. Qualcuno è ancora ministro: Luigi Di Maio oggi è ministro degli Esteri e la Lega di Matteo Salvini è ancora parte del governo. Unico Partito che si è chiamato fuori è il partito di Giorgia Meloni, quella che un tempo sosteneva che bisognava affondare le navi delle Ong.

Cosa è cambiato in questo ennesimo giro di valzer? Poco, forse nulla. Nel Mediterraneo si continua a morire fra le onde, gli accordi con la Libia sono stati rinnovati nonostante gli appelli che chiedevano e chiedono di cancellare il Memorandum d’intesa e di sospendere i finanziamenti alla Guardia costiera libica.

Aprile 2021. Quella in Libia è la prima visita all’estero di Mario Draghi nelle vesti di Presidente del Consiglio. Nel suo discorso di saluto a Tripoli arrivano parole imbarazzanti, che lasciano il segno: “Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia” (leggi qui). In seguito, Draghi arriverà ad affermare che “la collaborazione tra il governo libico e l’Italia continua a essere sempre più fertile e sempre più viva e la giornata di oggi lo dimostra. L’Italia si impegnerà nella costruzione di ospedali in Libia e nell’invio di personale sanitario, oltre a ricevere decine di bambini malati di cancro. Si tratta di una cooperazione sanitaria di ampie dimensioni”. Il tentativo di normalizzare i rapporti con un Paese dove la guardia costiera continua il suo lavoro di cane da guardia del Mediterraneo e i suoi lager sulla terraferma sono sempre un inferno a cielo aperto.

Maggio 2021. Gli attivisti italiani della Ong “Mediterranea” ricevono, a Copenaghen, il premio “Marittimi dell’anno”. È il riconoscimento per chi si distingue in operazioni di soccorso in mare. Nello stesso tempo la procura di Ragusa mette gli stessi attivisti sotto inchiesta con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Settembre 2021. Il processo a Mimmo Lucano e al modello Riace si chiude con una sentenza durissima, dove la condanna supera la richiesta della pubblica accusa. C’è più di qualcosa che non torna in questo Paese, qualcosa di troppo grande per poter essere accettato.
I decreti sicurezza sono ancora una legge dello Stato, nessuno mette in discussione una legge come la Bossi-Fini, lo Ius Soli continua ad essere un’utopia di cui nessuno vuole parlare e i CPR continuano ad essere il buco nero dei diritti umani, a Milano come a Torino o a Gradisca d’Isonzo. Nei CPR si muore di suicidi, di overdose e di soccorsi sempre in ritardo, si muore di solitudine e disperazione. In questo Paese c’è nell’aria un “razzismo” che sembra diventare istituzionale e che segna il fallimento di un’intera classe politica e la sconfitta di un popolo che, nel ‘900, ha conosciuto ogni aspetto dell’immigrazione. E allora forse sì, forse è vero che nel Paese del Gattopardo tutto cambia perché nulla possa cambiare veramente.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org