Il linguaggio non è solo lo strumento attraverso il quale definiamo il mondo che ci circonda, ma è anche e soprattutto lo strumento attraverso cui definiamo noi stessi, quel che vogliamo essere, il significato che assegniamo a ciò che compone la realtà in cui viviamo. Vale nella vita di ciascuno di noi, vale allo stesso modo e forse ancor di più nella dimensione collettiva di una comunità e di uno Stato, laddove il linguaggio è strettamente connesso al concetto di responsabilità. Le parole e le frasi scelte dalla burocrazia e dalla politica per definire un processo, un fenomeno, una realtà o il panorama umano con il quale hanno a che fare, sono il tratto marcato di un pensiero che diventa storia e si appiccica alla narrazione di un periodo, consentendo di rintracciare differenze o similitudini con altre pagine del passato. Nell’Italia della destra sovranista, guidata da una erede del fascismo che mai ha realmente rinnegato quella idea, e popolata da personaggi imbarazzanti che, tra una fascia con svastica e un fez, sono diventati sottosegretari o viceministri, il linguaggio è un macigno poggiato grossolanamente sulla fredda bilancia della verità.

La vicenda dei migranti a bordo delle navi delle ong giunte sulle coste della Sicilia orientale ha aperto una nuova pagina buia nella storia moderna di questo Paese. Non solo per la ferocia e l’illegalità di un processo selettivo condotto a bordo, con una parte dei migranti ai quali, per una presunta situazione di non fragilità, era stato vietato di scendere, con l’aggiunta dell’ordine (vano) ai comandanti di ripartire e tornare in acque internazionali, ma anche per l’atteggiamento e per il linguaggio usato. “Carico residuale” è l’espressione burocratica utilizzata dal governo per definire i migranti lasciati a bordo. Una equiparazione inaccettabile e spietata degli esseri umani a delle merci, a oggetti, a scarti. Un abbinamento di parole non casuale, scelto per attivare un significato preciso.

“Carico“, infatti, è un termine che richiama immediatamente una merce, allontanando dalla percezione di chi ascolta l’idea e la presenza dell’essere umano e mettendo in secondo piano la sofferenza umana, il dolore, i diritti. La parola “residuale”, invece, evidenzia una connotazione precisa, restituendo un senso di inutilità, qualcosa di marginale, di non importante, qualcosa da smaltire senza troppi problemi. No, non è una espressione usata a caso o per sbaglio, ma è una fredda strategia, che ha l’obiettivo di banalizzare un fatto, svuotarlo di umanità, ridurne la portata e minimizzarne la percezione. Un linguaggio che, scavando nella storia, trova una analogia agghiacciante con il modo in cui i nazisti definivano i prigionieri dei campi di concentramento, chiamandoli Stück, ossia pezzi, in modo da eliminare qualsiasi riferimento all’individuo in carne, ossa e cuore. Allo stesso modo, anche l’idea di affidare il destino degli esseri umani a una forma di selezione arbitraria presenta altre terribili analogie con quel periodo.

Questo, naturalmente, non significa che siamo in presenza di un ritorno del nazismo o che questo governo ci porterà a una riedizione di quell’epoca. Sarebbe stupido anche solo pensarlo. Ma di certo, di quella tragedia potrebbero essere riproposti linguaggi e schemi, con discriminazioni e conseguenze orribili per migliaia di persone. In ogni caso, le parole che il governo Meloni utilizza, in perfetta sintonia con quelle già adottate negli anni dalla neopremier e da alcuni suoi alleati, sono l’etichetta immediatamente visibile di logiche spaventose e di un’escalation della crudeltà di Stato che già abbiamo visto in questi anni. Se è vero che le violazioni del diritto internazionale in termini di accoglienza, gestione degli sbarchi, accordi vari sono state compiute anche con i governi precedenti, il nuovo scenario è ancora più grave, al contrario di quello che hanno sostenuto, in maniera stolta e inopportuna e in nome di una squallida strategia politica, coloro che parlano di maggiore “sensibilità” di questo governo.

Per la prima volta in questi anni, infatti, si è istituzionalizzata la pratica illegale dello sbarco selettivo, sulla base peraltro di un principio folle, secondo il quale i soggetti fragili sono solo donne incinte, bambini, malati. Come se una persona che viene da un naufragio e da giorni di mare, al termine di un viaggio iniziato, a terra, mesi o anni prima e passato da angherie, lager, tentativi falliti, violenze subite, possa essere considerata non meritevole di approdo solo perché non ha segni evidenti di malattia in corpo. Con quale criterio i medici possono stabilire tutto questo? A quale deontologia si appoggiano? Ma soprattutto, in base a quali norme fantasiose il governo pensa ancora di impedire quanto disposto dal diritto internazionale e dalle convenzioni in materia di soccorso in mare? È evidente che quello di questi giorni è stato l’ennesimo show degli orrori, la solita propaganda sgonfiatasi sotto i colpi delle leggi, l’ennesima spettacolarizzazione della disperazione di un’umanità che ha diritto di sbarcare per poi, una volta a terra, poter essere identificata e sottoposta a valutazione circa la possibilità di ottenere tutela.

Solo a terra, infatti, si può attivare un meccanismo di solidarietà fra nazioni europee per l’accoglienza diffusa dei migranti. Meccanismo che i paesi amici di Giorgia Meloni (Ungheria in primis) non approvano, anzi rifiutano, facendo esattamente quello che il nuovo governo contesta: cioè lasciare all’Italia la gestione del fenomeno. Questo la premier lo sa, ma a lei non conviene parlare di accoglienza, a lei conviene usare i disperati (soprattutto se ci sono di mezzo le ong) per fare spettacolo, sapendo benissimo che alla fine non è possibile impedirne l’approdo. Ed è imbarazzante vedere che, malgrado le proteste dell’UE, dell’ONU, di Paesi cruciali anche sul piano economico in un momento in cui il dialogo è fondamentale per superare la crisi, questo governo sia caduto testardamente nelle stesse violazioni di legge che uno dei suoi ministri conosce bene e per le quali si trova sotto processo. 

Giorgia Meloni ha affermato che gli italiani l’hanno votata per la sua visione sui migranti, quindi quella basata sul rifiuto di sbarco e sulla guerra  ai disperati. Dovrebbero spiegare alla premier che non è così e che la sua coalizione è stata votata (da una parte e non da tutti gli italiani) per cercare di salvare le imprese che muoiono, per frenare i rincari, per creare occupazione. Cose questo governo, viste le sue prime uscite, o non considera prioritarie o semplicemente non sa fare. E non si spacci la scelta della Francia di aprire un porto come una grande soluzione, perché quella è solo la conseguenza emergenziale di una lunga e perpetrata violazione del diritto. Che non dovrà più ripetersi, perché il porto più vicino rimane la sola opzione consentita dalle norme. Così come l’obbligo di sbarco e di identificazione a terra. E la Francia lo ha fatto capire con parole durissime, già subito dopo la concessione del porto di Marsiglia alla Ocean Viking, costringendo a tante altre ore di navigazione, in condizioni molto critiche, 234 naufraghi.

Questa è la realtà e probabilmente viene manovrata ad arte dalla premiata ditta Meloni-Salvini-Berlusconi per cercare di distrarre gli italiani, soprattutto quelli dalla pancia facilmente solleticabile, dalle carenze di un governo che, a parte i favori ai no vax e agli evasori fiscali e le liberticide norme contro i raduni di più di 50 persone, continua a non avere una visione e a non sapere come uscire dalla crisi tremenda che ha colpito il Paese. Crisi che, non appena saranno demolite le esistenti misure di sostegno sociale, diventerà esplosiva. E allora, invece di giocare con la pelle dei disperati usando terminologie naziste, bisognerà provare a governare davvero oppure, in alternativa, trovare una porta secondaria dalla quale uscire in fretta, abbandonando il palazzo senza essere notati. In silenzio, senza proferire slogan. E magari anche senza gli applausi di chi (tipo calendiani e pezzi della stampa) non smette di dispensare viscidi complimenti per ottenere qualcosa in cambio.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org