La settimana scorsa a Cosenza è stato eseguito l’arresto di 4 persone accusate di usura. Le indagini erano partite nel 2018, quando una persona si era presentata alla questura di Cosenza per raccontare di un amico che stava per suicidarsi perché sommerso dai debiti. Questo ha fatto scattare le operazioni delle forze dell’ordine che sono riuscite a collegare ben 16 persone alla fitta rete messa su dagli usurai, tra le quali figurava anche lo stesso cittadino che si era recato per presentare la denuncia. Tra le vittime presenti, persone di variegata estrazione sociale come pensionati, artigiani e giocatori d’azzardo. Fa specie il caso di un padre di famiglia che si è rivolto agli strozzini perché non poteva permettersi un’operazione chirurgica di cui necessitava la sua figlioletta di 3 anni. Nel 2020, in un Paese civilizzato come l’Italia che dovrebbe prevedere il diritto alla salute per tutti, questo caso dà una nota ancora più agghiacciante all’intera vicenda.

La difficoltà nelle indagini dei carabinieri era infatti spesso legata al fatto che alcune delle vittime vedessero gli usurai come dei benefattori che li avevano aiutati nel momento del bisogno, quando lo Stato, in alcuni casi, si era dimostrato mancante. Tutto ciò nonostante interessi che schizzavano fino all’850% in pochi mesi. I “libri contabili” degli usurai ritrovati durante le perquisizioni hanno permesso però ai poliziotti di chiudere il cerchio individuando tutte le vittime e inchiodando i carnefici con una prova schiacciante. Non sempre però chi si macchia di questo reato è facile da individuare: a tal proposito, in merito alla questione, è arrivato il commento di Mario Spagnuolo, procuratore capo di Cosenza, che ha invitato le vittime di questo reato a rivolgersi alle autorità: “Dobbiamo dire alla collettività: se denunciate lo Stato c’è, è con voi e interviene con specifiche provvidenze. Se voi denunciate noi operiamo”.

La paura e l’omertà sono infatti alla base dei sistemi di usura che ancora oggi sono molto diffusi. È quello che affiora anche dal rapporto del Viminale del 16 maggio 2020, nel quale si testimonia una crescita del 9,6% nei primi 3 mesi dell’anno del reato di usura. Un giro d’affari da circa 30 miliardi l’anno controllato per più di un terzo dalle mafie e che nei prossimi mesi sembra destinato a crescere ulteriormente a causa dei problemi economici causati a molte famiglie dall’emergenza Covid 19. Lo conferma Luigi Ciatti, presidente dell’Ambulatorio Antiusura di Confcommercio, che in una recente intervista ha spiegato che “il ricorso a prestiti di usura nella Fase 2 è molto più che un pericolo reale e concreto, è una realtà”.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org