Ciascuno di noi ha i suoi riti quotidiani mattutini. La macchinetta del caffè, la colazione, le abluzioni. Matteo Salvini invece ha un feeling con i social network. E così, una bella mattina di dicembre decide di mandare avanti la macchina della propaganda. Il menu propone, nello specifico, una celebrazione delle operazioni di polizia. Vengono infatti arrestati il presunto nuovo padrino di cosa nostra e altre persone. Ma non basta. Il ministro dell’Interno, attraverso il suo sito istituzionale, noto ai più come Twitter, rivela che sono in corso arresti nei confronti di mafiosi nigeriani. Per tutta Italia è un giorno come un altro. Basta scrollare la pagina, un cuoricino, eventualmente un commento di giubilo e finalmente la giornata può partire.

Ma non per tutti. C’è un potere forte che non dorme mai, che veglia e insidia il governo giallo-verde. La sua epifania è multiforme, peggio di Ulisse. Talvolta è un funzionario ministeriale non allineato, altre volte un giornalista, altre una mano (si vocifera quella della famiglia Addams). Questa volta assume la forma del pensionando (a detta di qualcuno) Procuratore di Torino, che scuote la serena giornata del ministro dell’Interno con una reprimenda a mezzo comunicato stampa. Si premura di correggere l’ufficio stampa, sottolineando le presunte (e tutte da dimostrare) falsità del cinguettìo governativo. Additando, pensate, il ministro come un superficialotto che scrive senza informarsi e per di più mentre le operazioni sono ancora in corso.

Ecco facciamo finta di credere che quelle del procuratore siano assurdità, deliri senili, e che il ministro dell’Interno sia la vittima, il destinatario di una ingiusta ramanzina… Dopodiché andiamo a ricostruire i fatti per filo e per segno, per quanto ci è dato sapere.

Innanzitutto ci chiediamo come sia arrivata la notizia al Viminale. Una mail? Un dispaccio? “Ministro è in corso un’operazione di polizia contro la mafia siciliana e contro la mafia nigeriana”. Un brivido. Un ghigno di soddisfazione. Gli occhi che si illuminano allo schermo del cellulare. “La mafia nigeriana”. Che meraviglia. I barconi pieni di furfanti, il rischio legalità, la difesa dei nostri confini. Un sogno. Tutto ciò esiste davvero. Il ministro si lascia andare con la schiena sul seggiolone, un respiro profondo e la serotonina che entra in circolo. Ce l’abbiamo. Prima la mafia però. Più importante. Evitare la polemica sulle priorità. Allora, già prima delle 9.00: “Con uno straordinario intervento in provincia di Palermo, i Carabinieri hanno smantellato la nuova ‘cupola’ di Cosa nostra, arrestando 49 mafiosi, colpevoli di estorsioni, incendi e aggressioni”. “Bravi ragazzi”.

Prima il dovere e poi il piacere: “Non solo, anche a Torino altri 15 mafiosi nigeriani sono stati fermati dalla Polizia, che poi ha ammanettato 8 spacciatori (titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e clandestini) a Bolzano”. E anche oggi è andata. Piano piano, con fatica, con impegno, nonostante tutto e tutti stiamo sistemando le cose.

Ma una telefonata scuote il pomeriggio. Quella del Procuratore di Torino. Chi diavolo è il procuratore di Torino? Non ha manco Facebook! Un comunicato stampa durissimo dove si legge, tra l’altro, che “in relazione ai soli fatti di Torino, il Procuratore della Repubblica osserva che, al di là delle modalità di diffusione, la notizia in questione:

– è intervenuta mentre l’operazione era (ed è) ancora in corso con conseguenti rischi ai danni del buon esito della stessa;
– la polizia giudiziaria non ha fermato “15 mafiosi nigeriani”, ma sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa, su richiesta della DDA di questo ufficio, dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Torino
– il provvedimento restrittivo non prevede per tutti gli indagati la contestazione della violazione dell’art. 416 bis c.p.; coloro nei cui confronti il provvedimento è stato eseguito non sono 15 e le ricerche di coloro che non sono stati arrestati è ancora in corso”.

Un colpo obiettivamente bassissimo. Bisogna rispondere. È stato indagato? No. Padri banchieri? No. Padri imprenditori edili? No. Amanti? No. Cazzo. “Ma che se ne vada in pensione” urla una vocina. Genio! È un vecchio, quello della vecchia politica, burocrazia e poteri forti, attacca la libertà di informazione perché ci vuole nascondere le operazioni e i successi del governo. Rischiava di essere una sera più triste delle altre, ed è stato il solito successo.

C’è un’Italia che gode di una soddisfazione orgasmica cliccando invio. La stessa dell’imbecille che demolisce il terreno sotto i suoi piedi. Per dovere di cronaca un nuovo comunicato stampa comunica la chiusura dell’operazione (con dati diversi da quelli riportati nel tweet) solo ieri.

Penna Bianca -ilmegafono.org