Sin dall’inizio, il PNRR è stato considerato come un’ultima ancora di salvezza per un Paese in difficoltà e strutturalmente malconcio come l’Italia. Grazie al PNRR, si diceva già nel 2021, il nostro Paese potrebbe riprendersi dallo shock causato dalla pandemia (e aggravato dalla guerra in Ucraina) e recuperare il terreno perso nei confronti dei “big” europei (tra tutti Francia e Germania). Quel che sembrava una benedizione, una vera e propria manna dal cielo, è diventata, coi tempi, qualcosa di nebuloso, criptico, complesso. Tutto ciò ha inevitabilmente generato confusione, sia da parte dei cittadini sia da parte della politica e della pubblica amministrazione. D’altronde, cosa ci si può aspettare da un Paese che cambia progetti, aspettative e obiettivi praticamente ogni mese?

Per ovviare al marasma di informazioni spesso inesatte dei giorni nostri (e anche a un’incapacità progettuale che colpisce in maniera endemica il Belpaese), l’associazione Libera, insieme al Gruppo Abele, ha presentato la II edizione del rapporto “Il PNRR ai raggi X”, nel tentativo di “fotografare” la realtà attuale in cui versano i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tale rapporto è stato realizzato grazie alla collaborazione e alla partecipazione di ben 124 volontari dei presidi territoriali di Libera, senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile. Ma cosa ne è venuto fuori? Innanzitutto, l’assenza di un gestionale e di una raccolta dati a livello centrale e nazionale. Proprio per la realizzazione di tale rapporto, infatti, i volontari hanno dovuto mettersi in contatto direttamente con le autorità locali (109 capoluoghi di provincia), a dimostrazione di una disorganizzazione evidente e preoccupante. A seguito di questo enorme sforzo è stato possibile mappare “1731 progetti per 92 dei 109 comuni” analizzati, “per una spesa totale di circa 6 miliardi di euro”. E qui viene il “bello”: dei 1731 progetti mappati, circa 133 non hanno il CUP (codice unico di progetto).

Inoltre, altri 900 non risultano presenti all’interno del portale “Italia Domani”, unico punto di riferimento legato ai progetti del PNRR. E non finisce qui: se rapportati con i dati dell’Autorità Anticorruzione (ANAC), sono ben 328 i progetti non presenti, pari a circa il 21% dei totali verificabili. Nella fattispecie, a livello regionale, l’Emilia Romagna è la regione con più progetti mappati da Libera, mentre è  la Toscana ad avere il maggior numero di progetti non presenti sul database “Italia Domani” (ben 144 su 197, circa il 73%), seguita dal Veneto (63%). Numeri elevati e preoccupanti, che fotografano, come detto, una realtà ben lontana da quel che si vuol cercare di dipingere. A maggior ragione se, come evidenziato dallo stesso rapporto, ci sono chiari segnali di possibili infiltrazioni mafiose nella realizzazione degli stessi progetti. Ben l’88% degli intervistati, infatti, ritiene che “il PNRR sia comunque a rischio di corruzione e infiltrazioni mafiose, al pari di ogni altra forma di investimenti di risorse pubbliche in Italia”.

Come se non bastasse, circa 7 intervistati su 10 avrebbe inoltre ammesso di avere “nessuna” o “scarsa conoscenza” dei progetti del PNRR, ancora una volta a dimostrazione di una evidente scollatura tra politica e società reale. “La discrepanza tra i dati raccolti dal nostro monitoraggio civico e quelli istituzionali – ha affermato Leonardo Ferrante, Responsabile del progetto ‘Common – Comunità monitoranti’ di Libera e Gruppo Abele – rende molto difficile ricostruire quali e quanti siano effettivamente i progetti PNRR”. Si ritiene, inoltre, che “il rispetto dei principi della completezza e della certezza dei dati dovrebbe essere un’indispensabile premessa”. “Tuttavia – ha continuato – i risultati che presentiamo vanno nella direzione opposta e la trasparenza è ancora una chimera”.

Al fine di una maggiore trasparenza, sarebbe bene, insomma, che i dati venissero presentati in maniera corretta e chiara a tutti, così da evitare incomprensioni, difficoltà nel reperire le informazioni necessarie, ma soprattutto prevenire illeciti. Oltre al rapporto presentato, Libera e il Gruppo Abele hanno anche pensato di sollecitare il governo e le autorità locali con cinque questioni in merito alla trasparenza della raccolta dati. Nella speranza che si faccia chiarezza sulla direzione intrapresa dal Paese e che questa occasione così importante non venga persa. I danni di un possibile stop ai fondi del PNRR potrebbero essere catastrofici per un Paese già sofferente come il nostro. E questa è un’eventualità che non ci possiamo proprio permettere.

Giovanni Dato -ilmegafono.org