Nelle ultime settimane l’intera Penisola è stata sconvolta da condizioni metereologiche estreme che hanno portato a veri e propri disastri naturali come quelli che si sono verificati in molte città, tra le quali Matera e Venezia. Nella Serenissima in particolare, il sindaco Brugnaro ha stimato danni per circa un miliardo, mentre da giorni infuoca la polemica sul MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), un imponente diga mobile che è in costruzione dal 2003 e dovrebbe aprirsi per proteggere la laguna veneziana dal fenomeno delle maree a cui è soggetta. Quest’opera, per la quale inizialmente si stimava una spesa di poche decine di milioni, oggi è arrivata a costare circa 6 miliardi di euro allo Stato e, nel corso di questi oltre 15 anni, le condizioni di sopravvivenza della città patrimonio dell’Unesco sono peggiorate drasticamente.

Analizzando i dati del Centro Previsioni e Segnalazioni Maree del Comune di Venezia si può vedere come, negli ultimi vent’anni, il livello medio delle maree si è innalzato di circa mezzo centimetro ogni anno al netto di fluttuazioni nella misurazione. Gli eventi di acqua alta (con maree di altezza superiore ai 110 cm) sono aumentati in maniera discontinua ma netta nel corso degli ultimi due decenni. Quest’anno, poi, l’emergenza ha raggiunto un picco storico, sia nell’altezza, seconda solo al disastro del 1966 che aveva ispirato la costruzione del Mose, sia nella frequenza, con 3 eventi sopra i 140 centimetri nel giro di una settimana, una concatenazione che non si era mai verificata nell’ultimo secolo e mezzo di rilevazioni.

Insomma Venezia e i veneziani rischiano di vedere una crisi dalla quale sarà difficile ripartire, e anche nel momento in cui lo si farà ci sarà sempre l’incognita di una nuova acqua alta che potrà nuovamente mettere in crisi le abitazioni e le piccole attività commerciali. A questo scenario, non certo incoraggiante, si aggiungono le recenti considerazioni di Georg Umgiesser, primo ricercatore del Cnr-Ismar, che in un’intervista ha dichiarato che il Mose non è stato progettato per questo livello di emergenza e bisognerebbe separare architettonicamente la laguna dal mare rischiando di comprometterne inevitabilmente il delicato ecosistema. Insomma “bisogna decidere: vogliamo salvare la laguna o vogliamo salvare Venezia come città? Non possiamo più salvare tutte e due”.

Sembra uno scenario di portata apocalittica, ma quello che sta succedendo era largamente annunciato. I cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale sono il modo che ha la natura di passare a chiedere il conto. La riduzione di emissioni di Co2 di origine antropica sulla quale l’Europa si sta impegnando può essere solo un tardivo inizio per trovare la soluzione di un problema già cronico e forse irreversibile. Non solo a Venezia.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org