“In Calabria restano solo le briciole: lì non è conveniente investire e renderebbe visibile una ricchezza sospetta. Compra da Roma in su. Ed è presente in tanti Paesi d’Europa, dalla Germania alla Svizzera, e all’estero, in Canada, in Australia”. Sono le parole del magistrato Nicola Gratteri che confermano quello che emerge dalla Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del secondo semestre del 2022. “In ragione della coesa struttura, delle sue capacità ‘militari’ e del forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni”, si legge nella Relazione. E, come indica Gratteri, la ‘ndrangheta si spinge oltre confine, raggiungendo diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania) fino a toccare altri continenti, dalle Americhe alla Turchia.

Una criminalità, quella ‘ndranghetista, che esercita la sua potente influenza negli affari e negli investimenti, utilizzando anche strumenti tecnologici contemporanei che le permettono una notevole espansione speculativa. La criminalità organizzata calabrese diventa sempre più potente, sempre più ricca, sempre più influente, mentre la Calabria muore ogni giorno, restando all’ultimo posto, anche tra le regioni del Sud, come qualità della vita, sviluppo economico, sociale e culturale. La Calabria agonizza e la ‘ndrangheta prospera, esportando la sua attività criminale nel resto d’Italia. Ormai, sostiene la DIA, le mire della ‘ndrangheta interessano tutte le regioni italiane, dalla Valle d’Aosta alla Sardegna. Le ultime inchieste hanno permesso di individuare nel nord Italia 46 locali gestiti dalle cosche calabresi, 25 solo in Lombardia, 16 in Piemonte. Anche in Emilia Romagna le attività d’indagine hanno “gradualmente disvelato una ragguardevole incisività della ‘ndrangheta”.

La Calabria non è una terra libera, è una terra schiava, una bellissima terra distrutta e spartita dalle cosche e dalle famiglie affiliate. Si potrebbe fare una geografia della presenza della ‘ndrangheta nelle province calabresi. Sarebbe una mappa lunga e articolata ma proveremo a riassumere e sintetizzare per dare almeno un’idea dell’orrore di questa “geografia”. In provincia di Reggio Calabria, la ‘ndrangheta è presente in tre macroaree geografiche (il mandamento centro, quello jonico e quello tirrenico), al cui interno operano le ‘ndrine. Nella città di Reggio Calabria sarebbe confermata l’egemonia delle cosche De Stefano, Condello, Libri e Tegano. Ogni quartiere ha la sua cosca e ogni cosca è specializzata in un settore prevalente. Ad esempio, nel quartiere Santa Caterina, la cosca Lo Giudice ha interessi nel locale mercato ortofrutticolo. Alcune cosche sono federate tra di loro per meglio agire in modo capillare.

Nella Piana di Gioia Tauro, che fa parte del mandamento tirrenico, risulterebbe confermata la consolidata posizione egemonica della cosca Piromalli. Alcuni clan della zona avrebbero allargato i loro “orizzonti” verso Roma, Civitavecchia e l’Umbria. Nella zona di Rosarno, la cosca Cacciola-Grasso sarebbe particolarmente attiva nel traffico di droga. Nel mandamento jonico, San Luca è da sempre considerata l’epicentro criminale della ‘ndrangheta e il Santuario della Madonna di Polsi, di cui ilmegafono.org si è già occupato, è da sempre sede dei summit mafiosi che avvengono sotto la protezione della Vergine, secondo il codice mafioso che dei riti religiosi cattolici fa uso e consumo. In queste aree, il traffico di armi e droga, sarebbe il “lavoro” principale.

Nella provincia di Catanzaro sarebbe confermata la presenza dei clan storici dei Gaglianesi, dei Grande Aracri di Cutro e dei cosiddetti Zingari. La zona di Lamezia Terme sarebbe, al momento, contesa tra vari clan mafiosi. Nella provincia di Vibo Valentia la cosca dei Mancuso, sarebbe quella egemone, con attività criminali che vanno dal gioco d’azzardo alle estorsioni, dal traffico di stupefacenti al settore turistico-alberghiero. Il territorio della provincia di Crotone è influenzato dalla cosca dei Grande Aracri di Cutro, punto di riferimento delle altre consorterie criminali della zona e con importanti proiezioni nel nord Italia. In provincia di Cosenza, infine, le cosche avrebbero ancor più ampliato le capacità di “penetrazione ambientale” nel tessuto socio-economico. Diversi i clan presenti e le federazioni di “famiglie” che mantengono tra di loro rapporti di non belligeranza per perseguire reciproci interessi illeciti. Un breve riassunto, insomma, di come la ‘ndrangheta ha occupato la Calabria.

Alla luce di tutto questo, quale futuro possono avere i calabresi? Come riportare alla libertà una terra dolente e bellissima, emblema di un Sud piagato dalle mafie che si espandono inquinando ogni città, ogni luogo, ogni pietra su cui posano i loro sguardi? Il romanziere britannico George Gissing scriveva: “Ascoltare un contadino calabrese cantare mentre segue i buoi lungo il solco o scuote i rami del suo ulivo. Quella voce dolente nell’antico silenzio, quel lungo lamento per confortare un lavoro mal ricompensato viene dal cuore stesso dell’Italia e risveglia la memoria del genere umano”. Quel cuore stesso dell’Italia sanguina ancora oggi più di ieri.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org