Le fazioni armate sostenute dalla Turchia procedono sistematicamente ad arresti e rapimenti arbitrari dei civili curdi. I rapimenti e gli arresti ingiustificati coinvolgono senza distinzione uomini, donne o bambini, che vengono tenuti prigionieri per chiederne un riscatto. È proprio il rapimento per riscatto ad essere diventato un commercio popolare adottato dalla maggior parte delle milizie armate, con l’obiettivo di raccogliere quanti più soldi possibili. La popolazione, sopratutto nelle zone di Afrin, è sottoposta ad una forte repressione da parte dello Stato turco, rapimenti, richieste di riscatto e violenza vengono usati al fine di costringerli a lasciare la regione e attuare il cambiamento demografico nei piani del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.

Il SOHR (Osservatorio siriano per i diritti umani) ha monitorato che le fazioni hanno trasferito le persone rapite in dei centri di detenzione e le loro case sono state trasformate in quartier generale per le fazioni pro-Turchia che condividono con le milizie turche le aree di Afrin. Si conta che più di 6.000 persone sono state rapite per ottenere un riscatto. I detenuti vengono torturati e picchiati, ai loro parenti viene chiesto di pagare per la loro liberazione.
SOHR ha affermato che i rapimenti sono a tutti gli effetti diventati “un modo per guadagnare”. Molte vittime vengono trasferite nella prigione di Al-Raai o nella stessa Turchia, le fazioni inviano audio o video di persone rapite, bendate e sotto tortura alle relative famiglie, chiedendo una cifra enorme come riscatto. La povera gente non ha altra scelta che chiedere aiuti ad eventuali familiari in Europa. I riscatti raggiungono i 100.000 dollari, spesso i rapimenti relazionati a questa cifra avvengono a danni di bambini, mostrando poi ai genitori i loro corpi torturati.

Spesso le famiglie denunciano alla polizia turca presente ad Afrin questi rapimenti, mostrando foto, video e tutto ciò che è in loro possesso, eppure vengono ignorati. Uno degli ultimi rapporti ONU parla degli orrori nei centri di detenzione nell’area di Afrin. “I centri di detenzione sono o case confiscate agli stessi civili curdi o strutture nelle cittadine di Al-Raai, Azaz e Sejo”. Alcune di queste prigioni sono gestite dal MIT, servizi segreti turchi, a denunciarlo sono i sopravvissuti che raccontano l’accuratezza di alcuni metodi di tortura, l’indifferenza della polizia turca di fronte alle denunce di sparizioni, rapimenti, stupri.

“Sono stato brutalmente torturato”, ci racconta H. “Mio padre – continua – è stato arrestato quando ha dichiarato di non poter pagare la somma del riscatto che era pari a 50.000 dollari. Mi hanno torturato di fronte a mio padre, poi lo hanno rilasciato mettendomi alla gola un coltello e dicendogli di trovare i soldi o sarei morto. Sono stato rilasciato solo quando mio padre è riuscito a pagare il riscatto grazie ad alcuni parenti fuggiti in Europa”. Ci sono prove chiare di alcuni civili legati a dei pali e torturati. Una donna, ora nell’area di Sahaba, è stata stuprata e torturata legata ad un palo. Ora è rifugiata nell’area di Shehba.

I sopravvissuti alle torture e ai rapimenti hanno riferito che i torturatori parlavano turco e arabo, sono stati utilizzati circa dodici metodi di tortura e lo stupro viene usato contro ogni donna arrestata o rapita. “Abbiamo assistito alla più grande disumanità”, raccontano i curdi vittime di tali atrocità. “Devono essere tutelate le zone dove risiedono civili”, tuona l’ONU. Eppure di fronte a queste violazioni dei diritti umani, dov’è l’intera umanità?

Rossella Assanti -ilmegafono.org