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Forse sarebbe più onesto il silenzio

Forse sarebbe più onesto il silenzio

Abbiamo fatto il pieno di retorica, di facce e post di circostanza. Abbiamo fatto il pieno, in questi anni, di dichiarazioni che scorrono su facce artatamente contrite, parole che divengono nebbia o fumo un istante dopo essere uscite dalle bocche di chi le pronuncia. Uomini e donne, leader canaglia, complici o indifferenti. L’Italia, l’Europa, Malta, la Libia. Il gioco macabro e crudele è sempre lo stesso. E ciò che è peggio è che si tratta di una strategia costruita a tavolino con l’accordo di tutti. Di chi quella strategia l’ha disegnata, svuotando il mare di testimoni e attaccando chi continuava e continua a non rassegnarsi alla disumanità e all’indifferenza, e di chi ha accettato e non ha mai fatto nulla, nemmeno quando poteva, per cambiare le cose. Tutti insieme, amalgamati, per ragioni diverse e con obiettivi più o meno simili, dentro un composto rancido e grumoso i cui ingredienti sono i morti e i silenzi. Che fanno comodo, che muovono pedine, che fanno da merce di scambio per altri affari, quelli nei quali frusciano soldi e petrolio e tanto altro.

Un gioco perverso che si nutre di omertà, fomentando indifferenza e reagendo con ipocrisia quando il silenzio viene spezzato dalle immagini sconcertanti, dal racconto di una tragedia, l’ennesima, che è il prodotto di quella crudele indifferenza, quella delle istituzioni nazionali e comunitarie e dei loro rapporti perversi con la Libia e la sua Guardia Costiera. Ė successo ancora una volta: dei naufraghi vengono lasciati in balia delle onde per ore e giorni. Due giorni almeno, senza che nessuno si sia preoccupato di intervenire, soccorrere. Due giorni di allerta ignorata, silenzi, omertà, fino a quando la morte non compie il suo lavoro, quello che le è stato comandato dalle istituzioni italiane ed europee. Dopo, quando i corpi sono ormai scivolati lungo l’esofago salato del Mediterraneo, si butta fuori un po’ di retorica, qualche accusa reciproca e poi nulla. Fino al prossimo naufragio. O almeno, fino a quello che riuscirà ad essere scoperto e a far notizia.

Abbiamo fatto il pieno di questa Europa e di questa Italia, ma evidentemente non abbastanza. Perché la maggior parte degli italiani e degli europei sembra  essersi assuefatta a questo orrore, lo considera comune, conosciuto, quasi normale, atteso, scontato. Così, non si indigna per più di una mezza giornata, non chiede nulla, non pretende nulla. D’altronde, cosa ci si può aspettare da cittadini, politici, giornalisti che se ne fregano non solo dei morti ma anche dei vivi, che riempiono pagine, titoli, post, persino petizioni con aberrazioni, conati di razzismo, disprezzo e bugie nei confronti dei migranti. E dall’altra parte? Dalla parte che, almeno idealmente, dovrebbe fare qualcosa? Retorica, nient’altro. Parole senza coraggio, promesse senza memoria, speranze affidate ogni volta a qualcun altro, che è sempre una scelta più comoda rispetto ad azioni autonome o all’assunzione di responsabilità che sarebbero possibili sedendo dentro un governo. E invece nulla. Frasi sterili, idee che pongono il timbro su una funesta continuità con il passato.

Quanto sangue dovrà mischiarsi ancora con il sale e gli abissi per poter sperare che qualcuno faccia davvero qualcosa, magari tagliando il legame con un passato complice o inerme e compiendo qualche gesto eclatante che rompa accordi, catene, violenze, costringendo tutti a porre fine a questo genocidio? In questi anni, siamo passati davanti a immagini atroci, a naufragi dalle dimensioni colossali, con le file di morti negli hangar o nelle banchine dei porti, ma nemmeno questo ha cambiato l’ostinata spietatezza dei governi. La strategia non muta. Ed è una strategia di potere. Una lotta tra poteri. In ballo ci sono interessi economici e politici, calcoli elettorali e accordi oscuri. Ci sono mosse segrete, dialoghi e rapporti indicibili e verità da tacere. Gli esseri umani sono le vittime sacrificali di questa lotta, sono merce di scambio, sono il prezzo di un ricatto, i brandelli umani che compongono un biglietto contenente un avvertimento.

Sono vittime di un genocidio e di un’Europa che non ha dimenticato il nazismo ma anzi ne replica le logiche. Nei confronti dei migranti, infatti, c’è la stessa carica di odio, violenza, disprezzo e indifferenza che venne mostrata nei confronti degli ebrei e di tutte le minoranze, gli oppositori, le vittime della lucida e disumana calcolatrice del Reich. Ecco perché non bastano le parole e le promesse. Ecco perché questa retorica è quanto di più irritante ci possa essere attorno a un dramma che è costato migliaia e migliaia di morti. In mare, nel deserto, nei lager libici. Forse sarebbe più onesto tacere, continuare coerenti in questa indifferenza. Sarebbe meno rumoroso il silenzio, lascerebbe sperare in una presa di coscienza e soprattutto sarebbe meno volgare delle parole di circostanza, troppe, che spesso non sono altro che l’ultimo calcio in faccia a un corpo esanime schiacciato dentro un’onda.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org

Autore

Massimiliano Perna

Sono un giornalista freelance, mi occupo da molti anni di immigrazione e diritti, ma anche di ambiente e mafia. Scrivere per me significa respirare e prendere posizione. Amo leggere e amo visceralmente la mia Sicilia e le opere di Pippo Fava. Ho un debole per le menti critiche che si coniugano con l'umanità e la semplicità. Disprezzo i razzisti e gli ipocriti e l'inerzia di chi potrebbe fare qualcosa ma non la fa. Sono il fondatore di questo sito, nato nel 2006, che oggi ha anche una web radio nella quale curo una trasmissione di approfondimento. I tempi sono bui e i silenzi troppi. Un megafono, sia esso di ferro, di righe e inchiostro o collegato a un mixer virtuale, può accendere qualche piccola luce. La mia speranza è di riuscire a tenerlo sempre acceso.

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