Pillola anticoncezionale gratuita per tutte le donne. Anzi no. La decisione presa dal Comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) rischia di subire una brusca battuta d’arresto a causa del consiglio di amministrazione della stessa Aifa, che è a trazione leghista. Fonti di stampa riferiscono infatti che il CdA vorrebbe rendere gratuita la pillola alle sole donne al di sotto dei 26 anni, escludendo così dal servizio oltre 15 milioni di altre donne. Dopo mesi di discussione, sembrava che tirasse un vento favorevole a una decisione di buon senso, che garantisse lo stesso diritto a tutte le donne, ma le influenze di una politica ultra conservatrice e antiabortista hanno imposto un surreale dietrofront.

Secondo i dati Istat, in Italia sono 19 milioni le donne d’età compresa tra i 15 e i 65 anni, un bacino che si riduce notevolmente se consideriamo quelle interessate dalla misura sulla gratuità della pillola anticoncezionale, ossia con meno di 26 anni di età: questa fascia di donne arriva, infatti, a sfiorare i soli 3 milioni. Tutte le altre vengono tagliate fuori. La misura perde ulteriormente di valore se consideriamo che in alcune regioni italiane le regole sono già queste, ma c’è dell’altro. La proposta del CdA dell’Aifa prevede che la pillola venga somministrata soltanto presso ospedali e consultori e non nelle farmacie. Questo impone un’ulteriore limitazione soprattutto alle donne, anche sotto i 26 anni, che non vivono in territori dotati di strutture simili, o in cui magari ci sono ma sono raggiungibili solo con difficoltà.

Questo ostacolo alla decisione presa dal Comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa, è il risultato di un’ondata antiabortista che sta attraversando il Paese e che è sinceramente preoccupante. È di pochi giorni fa il sit-in del movimento pro-vita che promuove l’iniziativa “Un cuore che batte”: si pensa di proporre una legge che imponga alle donne in procinto di abortire la visione del feto. Agghiacciante è dir poco. Pura pornografia del dolore, in alcuni casi, ma inutile rituale in altri. Si parte sempre dal presupposto che la scelta di abortire sia sempre e comunque dolorosa, una bandiera nera da affiggere al personale calendario degli eventi di una donna, o di una coppia. Non è detto sia così. Condivisibile o meno, la scelta di abortire resta tale, può essere una liberazione, può non suscitare alcuna emozione, può recare dolore, può essere sofferta o meno. Decidere anche sul piano emotivo ciò che debba provare una donna è oltremodo irrispettoso.

Un clima ideologico che ben si sposa con le ultime scelte del governo, che ritiene “contributo importante alla società” da parte di una donna mettere al mondo almeno due figli. Un governo che mette al primo posto un assetto di vita unidirezionale, ignorando tutti gli altri. Un governo che non ha mai fatto mistero della propria trazione antiabortista, che non intende migliorare la legge 194, ma lasciarla invariata, una legge di oltre quarant’anni fa che necessiterebbe integrazioni, migliorie, aggiornamenti, così come si è evoluta la società. Ma guardandoci intorno, in questo attuale clima di profonda intolleranza per ciò che è altro dal pensiero conservatore, forse quella legge è persino avanguardista.

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