L’ultima relazione DIA in merito al primo semestre dello scorso anno mostra uno scenario a dir poco inquietante. Secondo quanto riportato, infatti, la ‘ndrangheta sarebbe l’organizzazione criminale più forte e potente in Italia. Andando a focalizzarci sulla Capitale, il quadro è perfettamente coerente, con la prova che le ‘ndrine comandano a Roma e, in generale, in tutto il Lazio. Dal momento che, già negli scorsi anni, erano aumentate a dismisura le misure cautelari, così come le indagini, nei confronti di soggetti vicini alla mafia calabrese, tutto ciò non può che destare preoccupazione e riflessioni. Secondo quanto emerge dalla relazione della DIA, solo nel primo semestre del 2022, a Roma, sono state ben 600 le operazioni finanziarie sospette in più rispetto all’anno precedente. Un’enormità, ancor più considerato che si tratta soltanto di sei mesi.

Inoltre, proprio il 2022 è stato l’anno di due inchieste importantissime culminate con delle operazioni di grande rilievo: la prima, denominata “Tritone”, ha portato a ben 65 misure restrittive e ha permesso di svelare “la capillare gestione di diverse attività illecite nei Comuni di Anzio e Nettuno da parte di alcune ‘ndrine calabresi e la strategia attuata per acquisire il controllo del litorale a sud di Roma”. La seconda, invece, denominata “Propaggine”, ha portato all’arresto di 77 esponenti mafiosi, oltre al sequestro preventivo di 12 società ed imprese individuali del valore complessivo di 100 milioni di euro. Nello specifico, l’inchiesta ha messo in luce i tentativi di realizzazione di una vera e propria cosca mafiosa con base a Roma e con a capo due esponenti della cosca Alvaro e Carzo di Sinopoli (RC).

La questione legata alle ‘ndrine nella Capitale è sicuramente uno dei problemi principali che il nostro Paese si trova ad affrontare da qualche anno a questa parte. Come accennato, infatti, la malapianta mafiosa non solo si è ingigantita e si è estesa in territori lontani da quelli di origine, ma ha addirittura permesso un potere di controllo radicato nell’intera area romana e laziale. Sempre secondo quanto riportato dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia, infatti, oltre alle opportunità economiche e finanziarie, l’area del Lazio “appare alle organizzazioni criminali estremamente interessante per le operazioni di reinvestimento dei capitali illeciti in quanto, a livello regionale, non emerge una realtà criminale in grado di imporsi o prevalere stabilmente sulle altre”. Inoltre, questo status quo di apparente pace criminale giova notevolmente alle stesse cosche calabresi, le quali si ritrovano la strada spianata nel controllo del territorio stesso.

Ma come ha fatto la ‘ndrangheta a imporsi così rapidamente e in maniera netta a Roma e nel Lazio? Uno dei punti di forza delle cosche di ‘ndrangheta è quello di sapersi relazionare “con imprenditori in crisi di liquidità”, offrendo “dapprima un sostegno finanziario, subentrando poi negli asset e nelle governance societarie per capitalizzare illecitamente i propri investimenti”. Le ‘ndrine sarebbero inoltre molto abili anche nell’infiltrare “le compagini amministrative ed elettorali degli enti locali al fine di acquisire il controllo delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari, statali e comunitari, prodromici anche ad accrescere il proprio consenso sociale”. Insomma, in fin dei conti, la capacità della ‘ndrangheta di districarsi e di accrescere il proprio potere non può fare a meno della compiacenza di politici, imprenditori, nonché amministratori ed elementi di spicco della società apparentemente “legale”.

Senza tali connivenze, infatti, sarebbe quasi impossibile poter arrivare così in alto evitando di ricorrere alle armi e, quindi, alla violenza. Per fermare le mafie, pertanto,  è bene che chi viene “interpellato” dalle stesse decida, una volta per tutte, di non piegarsi, di denunciare, di dire no ai tentativi di corruzione, al riciclaggio, ai soldi facili, al potere ottenuto a patto di lasciare il controllo di una comunità o dell’ufficio che per esse svolge nelle mani di esponenti mafiosi e, quindi, di gente il cui unico scopo è arricchirsi sulle spalle altrui. Questo rifiuto dovrebbe rappresentare culturalmente la normalità, il punto fermo di chiunque sia all’altezza di poter decidere o di ricoprire un ruolo nella società, sia esso politico o imprenditoriale. Non si possono barattare la propria libertà e la propria dignità con il denaro (per di più sporco) o con l’accrescimento del proprio piccolo potere. Ciò vale, ovviamente, per i piccoli paesini così come per Roma, Capitale d’Italia. Se manca questo, la ‘ndrangheta e tutte le organizzazioni criminali continueranno a fare i propri loschi affari, mentre chi vi si oppone si troverà sempre ad essere a rischio, bersaglio, ostacolo isolato. Qualcosa che in questo Paese, purtroppo, abbiamo visto ripetersi tante volte. Troppe.

Giovanni Dato -ilmegafono.org