Fin dai primi giorni di questa legislatura le questioni inerenti agli sgomberi e all’abusivismo sono state al centro del dibattito politico. La linea dura del Viminale contro gli occupanti abusivi fa parte degli strascichi di quella che era la posizione ostile espressa dalla Lega nei confronti degli immigrati durante la campagna elettorale delle scorse elezioni politiche. Non è infatti un mistero che uno dei primi provvedimenti di Salvini in materia è stato lo smantellamento del centro Baobab, che ospitava diverse centinaia di migranti. La lunga stagione degli sgomberi ha però da subito risparmiato la sede abusiva di Casapound a Roma, generando un malcontento generale che ancora oggi lascia molto perplessi sul modus operandi del governo.

Il ministro dell’Interno ha dichiarato che c’erano 4 immobili pericolanti che rappresentavano un rischio per gli occupanti e che questi avrebbero avuto la precedenza insieme a quelli sotto procedimento giudiziario che dunque avevano un costo gravante sulle finanze dello Stato. Ma siamo davvero sicuri che lo stabile occupato dal partito neofascista non ci costi nulla? La realtà dice il contrario.

L’edificio, costruito in epoca fascista, è stato usato per anni dal ministero dell’Istruzione pur essendo di proprietà del Demanio. Durante il ventennio rappresentava la sede dell’Ente per l’istruzione media e superiore, mentre dal 1963 è diventato una sede degli uffici del MIUR. Nel 2003, gli attivisti di Casapound hanno occupato il palazzo abusivamente installando una scritta in stile fascista sulla facciata principale. Nel 2009, sotto la giunta Alemanno, il Campidoglio aveva cercato di acquistare l’edificio per 11 milioni di euro, ma le procedure furono bloccate dalle opposizioni a causa del sospetto che poi l’edificio sarebbe stato successivamente dato in comodato d’uso proprio ai militanti di Casapound.

L’anno scorso l’argomento è tornato di attualità in seguito all’inchiesta dell’Espresso che ha scoperto come il palazzo, che gode di almeno una ventina di appartamenti con in totale 60 vani e di due sale conferenze, sarebbe diventato un vero e proprio hotel di lusso nel cuore di Roma, che ospiterebbe gratuitamente parenti e amici degli attivisti di Casapound, mentre per il pubblico il prezzo minimo per una stanza si attesterebbe intorno ai 1100 euro al mese. Tutti questi soldi sarebbero dunque sottratti alle casse del Demanio, quindi dello Stato, che potrebbe riqualificare lo stabile e trarne almeno le stesse risorse, che invece a quanto pare finiscono nelle tasche del partito, che si starebbe arricchendo abusivamente da quasi 16 anni. Negli ultimi giorni la Corte dei Conti ha calcolato un danno all’erario che si attesta intorno ai 4,6 milioni di euro, relativo per l’appunto ai mancati incassi derivanti dall’affitto delle stanze dello stabile.

Il Comune di Roma a gennaio ha approvato la mozione per provvedere allo sgombero dell’edificio, ma da allora è stato tutto bloccato dall’immobilismo del Viminale che ha l’ultima parola sulla decisione. In contrasto con questa situazione di assurdo stallo è nata l’iniziativa di “Insieme in rete” e della scrittrice Michela Murgia che, su Change.org, hanno lanciato una petizione per chiedere lo sgombero immediato dell’immobile. La risposta del Campidoglio, ormai allineato a questa posizione, si è concretizzata con la richiesta della Sindaca Raggi al comandante della polizia locale di rimuovere la scritta “Casapound” dalla facciata dello stabile.

Nel frattempo a Roma gli sgomberi proseguono non senza qualche intoppo. Quello previsto per giovedì a Primavalle è infatti saltato in seguito alla contestazione dei cittadini solidali con chi rimarrà senza una casa in una zona dove c’è una reale emergenza e dove c’è un reale abusivismo di necessità. Forse il Viminale dovrebbe rivedere le proprie priorità o ammettere candidamente che i criteri relativi agli sgomberi non sono più logistici, ma politici.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org