Il gioco d’azzardo oggi rappresenta un’importante risorsa per le casse dello Stato che, ogni anno, guadagna miliardi in introiti fiscali provenienti dalle aziende del settore. Nel 2017, al netto di un giro d’affari di quasi 100 miliardi di euro (tra vincite e perdite dei giocatori), il nostro Paese ha incassato circa 10 miliardi. Una cifra altissima che mette l’Italia al primo posto nell’Unione Europea per entrate fiscali derivanti dal gioco d’azzardo. Ma a quale costo? Il primo, il più evidente, è quello che concerne la salute dei cittadini. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) infatti, circa 1,5 milioni di italiani sono considerati giocatori problematici e almeno altrettanti vengono definiti giocatori a rischio.

Anche per far fronte a ciò, proprio l’anno scorso è stato istituito un numero verde dedicato a chi ha problemi con il gioco, mentre contestualmente sono partite numerose iniziative per contrastare il gioco d’azzardo patologico. Nonostante queste contromisure, i numeri non sono migliorati e pare che il fenomeno sia ancora in crescita. Purtroppo nel nostro Paese, dove c’è un problema preesistente, spesso la criminalità organizzata interviene a peggiorare la situazione. È infatti noto che, degli oltre 200 miliardi annui stimati dall’Eurispes come incasso delle associazioni criminali in Italia, una larga fetta provenga proprio dal gioco d’azzardo, che sembrerebbe essere diventato il secondo business per giro d’affari, dopo quello della droga. Il settore è infatti considerato dalle mafie come il principale strumento per ripulire il denaro sporco. E non solo.

È notizia degli ultimi giorni il coinvolgimento di alcuni esponenti di cosa nostra in un affare che avrebbe portato all’assegnazione, in favore del gruppo, di un finanziamento di circa 800mila euro per un progetto contro la ludopatia. Un’incredibile beffa che è stata sventata grazie alla collaborazione di un collaboratore di giustizia, il quale ha permesso alle forze dell’ordine di individuare quella che sembrerebbe essere stata una mazzetta di circa 20mila euro che il gruppo aveva pagato ad un funzionario di Invitalia (ente che si occupa dell’assegnazione di finanziamenti per questo tipo di progetti).

Nel merito della stessa operazione, denominata “beta 2”, è stato previsto anche il sequestro preventivo di una società di scommesse con sede a Catania, forse coinvolta negli affari illeciti del gruppo. Un’altra indagine dell’antimafia palermitana, chiamata “Anno Zero” e condotta a partire dallo scorso aprile, ha aiutato a fare luce sul legame sempre più stretto tra mafia e gioco d’azzardo, andando nello specifico a spiegare come alcuni computer presenti in alcuni centri scommesse venivano riprogrammati in maniera tale che si potesse accedere ad un sistema di scommesse illegale usando proprio i macchinari autorizzati dal Monopolio di Stato.

Insomma, sebbene le forze dell’ordine siano più volte intervenute a contrastare questo fenomeno, sembra che per le mafie ci sia ancora miele da spremere dal sistema gioco d’azzardo. Considerando il danno all’economia reale del Paese, che vede ridotta la capacità media d’acquisto dei cittadini, mettendo nell’equazione i miliardi che ogni anno la mafia riesce a riciclare usando sistemi come quello scovato nell’indagine “Anno Zero”, aggiungendo infine il fatto che la criminalità cerca anche di intervenire sabotando e lucrando sulla lotta al gioco d’azzardo patologico, vale davvero la pena di tenere in piedi questo settore così come lo conosciamo oggi?

Vincenzo Verde -ilmegafono.org