Il 28 aprile scorso si è celebrata la Giornata mondiale per le vittime del lavoro e dell’amianto. Il Presidente della Repubblica è tornato a parlare, nuovamente, anche il 1° maggio, di questa piaga sociale, affermando che “occorre un patto istituzionale” contro questo flagello. A 30 anni dalla legge 257/1992 che l’ha messo al bando, in Italia si continua a morire di amianto. Un’inchiesta sul mensile di Legambiente, La Nuova Ecologia, parla proprio di questo e mostra la necessità di agire nella lotta contro questa fibra killer, che tiene di fatto ancora sotto scacco il Paese, provocando gravi effetti sulla salute dei cittadini.

L’inchiesta di Legambiente raccoglie i dati aggiornati del Rapporto del registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), denunciando che, degli oltre 31 mila i casi di mesotelioma pleurico registrati dal 1993 al 2018, l’80% è dovuto proprio all’esposizione alle fibre d’amianto. Ma oggi appena il 25% della fibra killer è stato rimosso e, seguitando a questi ritmi, per liberarsene serviranno altri 75 anni, cui sommare ulteriori 40 anni di latenza del mesotelioma. Da Nord a Sud, del resto, le bonifiche vanno a rilento sia per quanto riguarda i grandi siti industriali dell’amianto che per gli edifici pubblici e privati che espongono spesso inconsapevolmente le persone a questa pericolosa fibra.

“A 30 anni dalla legge 257/1992, in Italia si continua a morire di amianto  —   ha commentato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente —. La situazione è sempre più drammatica e conferma la necessità di cambiare rotta, con provvedimenti incisivi, e non più prorogabili, nella direzione della messa in sicurezza e la bonifica degli edifici e dei territori contaminati e della promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione ad hoc rivolte ai cittadini”. “Infatti – continua Minutolo – nonostante la sua forza distruttiva, l’argomento amianto, non sembra essere una priorità per il governo, che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) trova accenno solo in riferimento agli investimenti nel parco agrisolare, bruciando ogni chance di destinare preziose risorse nella sua lotta e sancire così il primato della salute dei cittadini e della difesa dell’ambiente”.

Il giorno in cui si sono ricordate le vittime del lavoro e dell’amianto ciò non può, non deve passare inosservato, soprattutto alle nuove generazioni. È importante che sappiano, che conoscano. Se il lavoro è un diritto, come recita la nostra carta costituzionale, se “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, non è concepibile che, a causa del lavoro, si muoia. La Repubblica è fondata sul lavoro e non sulla morte. Il denaro, gli affari, le grandi ricchezze, non possono essere accumulate sulle spalle dei lavoratori, degli operai, della gente che fatica. Come non essere d’accordo con la frase dello scrittore russo Lev Tolstoj: “In una società dove esiste, sotto qualunque forma, lo sfruttamento o la violenza, il denaro non può assolutamente rappresentare il lavoro”. Ogni uomo politico, ogni imprenditore, ogni dirigente, ogni manager dovrebbe avere bene in mente questa frase.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org