Questa è la storia di Assab One, una storia di rigenerazione generazionale, o “riGenerazione”, che parte da un edificio industriale fino a diventare un vivo e attivo centro di aggregazione culturale. La ex sede della GEA (Grafiche Editoriali Ambrosiane), che ha operato sul territorio milanese per circa 40 anni, infatti, grazie alla sua erede Elena Quarestani (giornalista, editrice, fondatrice di periodici ed enciclopedie) ha trovato una nuova vita ed un nuovo scopo: farsi spazio di ricerca ed espressione per gli artisti, da un lato, e portale di comunicazione e dialogo, dall’altro, con l’intento di avvicinare il pubblico a quelli che sono i processi artistici, spesso troppo sottovalutati. Nasce così Assab One: situato in un quartiere fulcro dei flussi migratori dal dopoguerra ad oggi, prende il nome dalla propria via (via Privata Assab, 1), ma Assab è anche il nome di un porto africano, riconducendosi così sia alla storia che al concetto di porto come luogo di incontro e scambio di culture e tradizioni, che trovano nell’arte contemporanea la loro massima espressione.

Già al varcare dei cancelli si respira un’aria di profonda e sincera cordialità ed accoglienza. Il personale attento, caparbio e, soprattutto, giovane accompagna i visitatori alla scoperta dei vari spazi espositivi che ospitano contemporaneamente più esposizioni con il pieno rispetto delle norme antiCovid che, in questo periodo storico, sono diventate una nota fondamentale della gestione di queste realtà. Vediamo nel dettaglio le esposizioni ospitate dallo spazio Assab One.

1+1+1/2020
Loris Cecchini + Michele de Lucchi w/ ADML CIRCLE + Pentagram & Friends

Questa prima esposizione, nata dall’idea della stessa Elena Quarestani e curata da Federica Sala, è un progetto ambizioso che vuole creare un dialogo tra arte, design e architettura e che, alla sua 3°edizione, è riuscito a trovare un perfetto equilibrio tra le parti. Artisti, progettisti e collettivi, hanno collaborato attivamente, dialogando e condividendo planimetrie, realizzando così questa serie di 3 interventi all’interno dello spazio che, pur sembrando apparentemente diversi, innestano tra loro un dialogo continuo e si presentano al pubblico come un’unica grande mostra. Un confronto tra presente e passato, tecnologia e tradizione, natura e artificio che trova, in questa prima sala, un connubio perfetto. Così i corpi modulari di Loris Cecchini (Arborescence in 2 suites) che richiamano le più svariate forme naturali (da alberi, a coralli fino a connessioni neuronali), si stagliano nello spazio riempendolo, ma dandogli aria al contempo. L’utilizzo di un materiale industriale come il metallo, scintillante, salta subito all’occhio, attraendolo come una calamita.

E dal gioco di pieni/vuoti creato da queste ramificazioni, l’attenzione si sposta immediatamente alle architetture di tappeti di Michele de Lucchi in collaborazione con ADML Circle (Many Hands Make One) che invece vuole riprendere i valori tradizionali dell’artigianato per creare dei nuovi monumenti contemporanei. Ed infine un brusio di sottofondo conduce all’installazione di Pentagram & Friends (Home Poems). Una fila di piedistalli, ai quali vertici troviamo altrettanti schermi che, percorrendoli uno ad uno, raccontano visivamente la storia di una “giornata tipo” in quarantena, attraverso le micro-poesie twittate di Henry Ponder che hanno lo scopo di scavare nell’animo umano facendo ritrovare la gioia nelle piccole cose, nei semplici gesti quotidiani.

AIRMAIL #2 – Ladies First  – Un progetto di Richard Gorman

Progetto nato nel 2017, ha lo scopo di differenziarsi e scostarsi dai soliti meccanismi del mercato dell’arte. Gorman chiede ad una sua cerchia di amic* artist* (quest’edizione con una schiacciante maggioranza femminile denominata dal sottotitolo) di inviargli via posta (airmail) dalle 2 alle 6 opere bidimensionali ponendo due semplici regole:

  • il lato lungo non più di 30 cm
  • il valore DEVE essere 400€

E così che l’artista si fa curatore, con la volontà di rompere gli schemi ormai stigmatizzati dei circuiti di un mercato saturo di “spettacolarità”, riportando il valore dell’opera nel concetto, nel segno, nel messaggio. L’allestimento si trova al piano superiore dislocandosi nei vari spazi in maniera diffusa (pareti, piedistalli, teche), quasi a voler richiamare la volatilità del mezzo usato (la posta) e le differenze dei percorsi affrontati dalle “buste” per arrivare fino a noi.

Velasco Vitali – “GOLDWATCH”

Goldwatch è l’ultimo grande progetto del noto pittore contemporaneo Velasco Vitali. Nato durante la chiusura per la pandemia, è una forte riflessione sul ruolo della natura in questo contesto storico di profonda incertezza e cambiamento. Chiuso nel quadrato del giardino di casa sua, l’artista si è trovato in confronto diretto con la natura che si staglia di fronte a lui: la osserva, la scruta, la studia e ne rappresenta le fasi che scandiscono le giornate tramite la quasi perduta tecnica en plein air, ricercando un senso proprio del tempo, in un momento in cui lo scandirsi del tempo a cui eravamo abituati non c’era più. Una storia per immagini, tradotta in 24 opere (quelle di piccolo formato dipinte dal vero durante le sue dirette instagram e quelle di grande formato realizzate tramite disegni en plein air riprendendo le stesse vedute in momenti differenti) che partono tutte da un fondo oro, come a voler richiamare la spiritualità dei mosaici medievali, in cui il colore, a volte pastoso, a volte sottile, emerge fiero e deciso, come la natura sull’uomo, con l’inconfondibile tratto che contraddistingue l’operato di questo grande artista.

Un percorso circolare inscritto in un quadrato che riprende la circolarità del tempo sia nel giardino che in un metaforico quadrante di un orologio. Ed è proprio da un famoso orologio che prende il nome questa mostra. Goldwatch è, infatti, un capitolo di Pulp Fiction in cui un ufficiale dei Marines (Christopher Walker) porta in dono ad un bambino (il piccolo Bruce Willis) l’orologio d’oro che il padre portò in guerra custodendolo gelosamente. Il tempo che scorre, le generazioni che si susseguono, la natura che, come il destino, per quanto illusi di controllarla, vivrà sempre di vita propria, sono tutti elementi di questo percorso, ricercati, studiati e sublimemente espressi e collocati in uno spazio che vi lascerà senza fiato.

Sarah Campisi -ilmegafono.org