Lo scorso 18 ottobre, a Roma, è stato presentato un rapporto realizzato da Libera, dal titolo ”Liberaidee: la ricerca sulla percezione e la presenza di mafie e corruzione“. Come si evince dal titolo, l’indagine effettuata dall’associazione di Don Ciotti ha voluto concentrarsi sulla percezione che gli italiani hanno della mafia e della corruzione, per capire quanto essi vedano in questi due grandi problemi i motivi reali delle difficoltà di tutti i giorni e delle complesse condizioni di sviluppo del Paese stesso.

Dai dati raccolti (oltre 10.000 questionari inviati a cittadini normali e 100 interviste realizzate a diverse associazioni italiane), uno dei punti principali che emerge è la percezione che si ha della mafia quale globale o locale: circa il 75% riconosce infatti che la criminalità è di tipo globale (quindi non da circoscrivere alle aree più povere o comunque a quelle meridionali), il che fa ben sperare, visto che fino a qualche anno fa l’idea di un Sud mafioso e di un Nord Italia immune da ogni contatto mafioso era una convinzione ben radicata.

D’altro canto, però, solo il 38% degli intervistati riconosce che la mafia sia pericolosa e che costituisca un problema sociale ed economico a tutti gli effetti, mentre la restante parte crede che sia o soltanto pericolosa per la propria incolumità o addirittura marginale. Questo dato deve fare riflettere: se da un lato, infatti, è corretta la percezione di una mafia a tutto campo che cerca di assumere il controllo del territorio a prescindere da dove questo si collochi geograficamente, dall’altro lato, questa “globalità” mafiosa fa sì che il fenomeno stesso venga percepito quasi come non radicato socialmente, inesistente o comunque latente.

Purtroppo, bisogna ammetterlo, ciò va a beneficio dei clan mafiosi che hanno fatto del silenzio l’arma meno evidente eppur più letale, dato che permette loro di muoversi indisturbati nel tessuto sociale italiano. Se, inoltre, si riflette sul fatto che questo tipo di idea proviene dalle aree più sviluppate del Paese, è evidente come laddove le condizioni di vita e quelle economiche sono migliori, la percezione della stessa mafia quale “socialmente preoccupante” tende a calare drasticamente.

Nel rapporto, poi, si parla di diversi argomenti interessanti (fonti d’informazione, beni confiscati, ecc.), ma il secondo punto più importante è quello della corruzione. Un fenomeno, questo, che risulta “accettato” da quasi tutti gli intervistati (accettato nel senso che se ne riconosce l’esistenza), specie al Sud, dove ben oltre il 90% di chi ha risposto ha una visione pessimistica della situazione. Nello specifico, la politica è il settore percepito come maggiormente a rischio (50%), seguita a ruota dagli appalti (40%) e dall’imprenditoria (30%). Insomma, si tratta di visioni e di percezioni non lontane dalla realtà e che sono il frutto, spesso, di eventi e/o esperienze dirette accadute proprio agli intervistati (a tal proposito, al Sud le “vittime” di tali esperienze raggiungono il 40%, mentre al Nord la percentuale è addirittura la metà).

Ancora una volta, quindi, la percezione è di tipo globale (più o meno tutti riconoscono la corruzione come un problema evidente e che affligge l’intero Paese), ma, a differenza della mafia, essa ha un impatto percepito come più diretto anche sulla vita locale e quotidiana dei cittadini.

È proprio questo il punto su cui tutti dovremmo concentrarci maggiormente: percepiamo la corruzione come un fenomeno che esiste, ci influenza e che andrebbe affrontato nel migliore dei modi e con tutti gli strumenti normativi, educativi e di controllo possibili; al contempo, però, non abbiamo invece ancora la percezione necessaria della mafia non solo come pericolo per la sicurezza fisica, ma anche e soprattutto come problema sociale, economico, culturale.

Se è vero che i risultati non sono del tutto negativi, in quanto evidenziano una conoscenza ed una percezione del problema sempre più vicine alla realtà delle cose, è altrettanto vero che in molti punti vi sono dei “buchi” colmi di confusione, idee e visioni errate, magari influenzate da una disinformazione generale o da una visione obsoleta e non più legata al presente. Insomma, il rapporto di Libera ci aiuta a capire la situazione attuale, ma dev’essere soprattutto un mezzo importantissimo con cui lavorare in futuro sulla consapevolezza dei cittadini, che è fondamentale nella lotta a mafia e corruzione a ogni livello.

Giovanni Dato -ilmegafono.org