La pandemia e l’andamento dei contagi monopolizzano, inevitabilmente, anche l’avvio di questo nuovo anno. La politica, i mass media, la scuola, le divisioni che si sono create, le teorie farlocche dei no vax: tutti continuano a mettere al centro di ogni discussione il Covid, i vaccini, le misure che i governi stanno adottando o pensano di adottare. Persino la vicenda individuale di Nole Djokovic si è trasformata in una questione di Stato, mettendo in moto addirittura le diplomazie e consegnando ai nemici della vaccinazione un feticcio perfetto: ricco, famoso, mediaticamente potente. In mezzo a tutto questo chiacchiericcio sterile, a questa contrapposizione tra scienza e ignoranza, tra chi ha studiato o fa ricerca e personaggi da cabaret politico con i quali si è costretti a confrontarsi quotidianamente, si perde tutto. Si smarriscono il pensiero razionale e il buon senso.

Quello dei no vax, innanzitutto, che farneticano di dittatura, intasano le terapie intensive, oltraggiano i morti e continuano scioccamente a credere che malattia e vaccini siano stati inventati per sterminarci tutti, peraltro sdoganando l’enorme controsenso di un mondo consumistico nel quale delle imprese deciderebbero di uccidere milioni e milioni di consumatori, ossia coloro che le alimentano. Ma anche i pro vax ogni tanto cascano nella perdita di razionalità, soprattutto quelli più avvezzi alla retorica. Così assistiamo, ad esempio, a persone che riempiono i loro canali social di foto dei loro bambini vaccinati, ammantando con una stucchevole definizione di eroismo quello che dovrebbe essere un normale atto di responsabilità per chi crede nella vaccinazione.

Insomma, come all’inizio della campagna di vaccinazione, siamo ancora fermi al palo, con le fazioni in lotta che estremizzano le manifestazioni del loro pensiero sul tema. Covid o non Covid, vaccino o non vaccino, la narrazione mediatica e social è ancora tutta lì. Con il corollario di confusione e di imbecillità di alcune posizioni irriducibili. Dopo mesi, ad esempio, c’è ancora gente che non ha capito che vaccinarsi non debella il virus ma ne riduce sensibilmente gli effetti. Dopo mesi c’è ancora chi porta avanti teorie agghiaccianti su un disegno dell’Inps per uccidere gli over 50 e risparmiare le pensioni. Dopo mesi c’è ancora chi, come la leghista Ceccardi, non laureata né in medicina né in altro, polemizza sulle terapie a base di monoclonali, con un medico, per di più esperto, come l’infettivologo Galli. Dopo mesi, allo stesso modo, c’è ancora chi non ha capito che vaccinarsi non significa smettere di rispettare le principali regole di prevenzione dal contagio.

La pandemia ha spogliato miseramente la debolezza culturale di questo Paese, infarcito di complottismo, fanatismo, irresponsabilità. E di retorica. Pochi che utilizzino il senso critico e che capiscano che una epidemia mondiale si cura non seguendo le farneticanti teorie di ex comici o di santoni, ma ascoltando la scienza e la medicina, senza però, d’altro canto, spettacolarizzarne le indicazioni e i comportamenti richiesti. D’altra parte, siamo il Paese in cui la politica ha smarrito da tempo la sua dimensione di sobrietà e competenza, salve rare eccezioni. Una di queste era David Sassoli, garbato, competente, colto, attento e impegnato costantemente sul tema dei diritti, della solidarietà e della lotta alle disuguaglianze. Tematiche queste che, nella costante polarizzazione dei temi legati alla pandemia, si sono smarrite, sono state messe ai margini, malgrado continuino a produrre il loro carico di orrore e di ingiustizia.

Prendiamo il tema dei migranti in Libia, esseri umani sempre più stretti nel giogo del terrore e della violenza, stritolati e macinati dal Dipartimento contro l’immigrazione illegale del governo di Tripoli, dalle milizie e dai loro capi legati al traffico di esseri umani, con l’avvallo dell’Unione Europea (leggi qui), quella che ancora oggi non riesce a imprimere una svolta politica all’insegna della tutela dei diritti umani. L’Unione Europea che, come l’Italia, continua a fare affari con la Libia e a consentire a un Paese, che non aderisce alle convenzioni internazionali sulla tutela della dignità e dei diritti degli individui, di gestire il soccorso in mare e i migranti sulla terraferma. Una situazione che in queste settimane è diventata ancor più drammatica, con la cattura di persone che si erano accampate davanti a una sede dell’UNHCR in Libia e la loro successiva e violenta deportazione in centri e carceri a sud di Tripoli.

Sono questioni che ci chiamano in causa direttamente, come Paese e come cittadini, sono drammi storici, epocali che abbiamo rimosso e accantonato per concentrarci su una ridicola diatriba sulla pandemia e sulle soluzioni ad essa. Abbiamo messo da parte questioni rispetto alle quali avremmo dovuto semplicemente mostrare umanità e rispetto per l’altro, per concentrare e sprecare tutte le nostre energie su un tema scientifico e medico per il quale sarebbero necessarie delle competenze dimostrate e verificabili. Per carità, è normale che la pandemia, che tocca direttamente le nostre vite, diventi centrale e occupi i nostri pensieri quotidiani, ma non è normale che si smetta di pensare ad altro, che si trascorra il tempo a litigare o a glorificare le proprie scelte personali, che le prime pagine dei giornali o i telegiornali dedichino spazio quasi solo al Covid, dimenticando tutto quello che nel frattempo accade nel mondo, in dimensioni umane nelle quali il Covid non è certo la minaccia peggiore.

Cosa resterà di questo mondo quando ci ritroveremo vicini alla fine della pandemia? Quanti orrori ci accorgeremo di non aver più voluto guardare? Con quale coraggio chiederemo a quei giornalisti che non hanno smesso nemmeno per un minuto di raccontare quanto accade fuori dal nostro recinto (come ad esempio il bravissimo Nello Scavo), cosa è accaduto durante la nostra lunga distrazione? Il nuovo anno è iniziato male, ma siamo ancora in tempo, tra una zona arancione e una rossa, per tornare a interessarci anche di altro, di quella normalità, purtroppo atroce, che ha continuato a esistere anche durante questi due anni di emergenza sanitaria.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org