Marcelo Pecci, PM antidroga paraguaiano di origine italiana, è stato assassinato la scorsa settimana mentre si trovava in viaggio di nozze sull’isola di Barù, in Colombia. Secondo le autorità locali e a seguito delle dichiarazioni rilasciate dalla moglie Claudia Aguilera (giornalista famosissima in Paraguay, per fortuna illesa nell’attentato), il pm sarebbe stato avvicinato da due persone che avrebbero aperto il fuoco da una moto d’acqua. Un crimine ben architettato e messo in atto nel bel mezzo di una spiaggia affollata, in pieno giorno, a dimostrazione di uno strapotere della criminalità che fa rabbrividire. Ma perché Marcelo Pecci è stato ucciso? E perché è stato usato un metodo tipicamente mafioso?

Per chi non lo conoscesse, Pecci si è sempre dedicato alla lotta alla criminalità organizzata e alle cosche criminali del Paraguay e, più in generale, di tutto il Sud America. Grande esperto di narcotraffico e di riciclaggio di denaro, negli ultimi mesi era salito alla ribalta per aver portato a compimento l’operazione antimafia più importante del Paese, “A Ultranza PY”, durante la quale sono stati arrestati diversi presunti esponenti della criminalità organizzata locale. Inoltre, egli fu anche l’artefice dell’arresto di Ronaldinho, il campione brasiliano di calcio, che nel 2020 aveva cercato di entrare nel Paese con un passaporto falso. Insomma, Pecci era sicuramente un uomo piuttosto conosciuto in Paraguay, anche da quella frangia di popolazione collusa con la criminalità o del tutto criminale. Non sorprende, quindi, che una persona così impegnata sul fronte della giustizia sia stata fatta fuori con un agguato in pieno stile mafioso. Qualcosa che l’Italia conosce bene.

Ma che connessione c’è tra Pecci e l’Italia? In effetti, Pecci era costantemente in contatto con le autorità dell’antimafia italiana, non da ultimo lo stesso procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Di ritorno dalla sua ultima visita in Italia (avvenuta lo scorso dicembre), Pecci, in un’intervista a La Nación, si dichiarò molto preoccupato per la presenza della ‘ndrangheta in Sud America. “La ‘ndrangheta – aveva dichiarato – riesce a mimetizzarsi negli ambiti finanziari ed accademici”, poiché nella maggior parte dei casi, “i suoi membri non hanno precedenti penali, un dettaglio che garantisce loro totale impunità per muoversi nel paese scelto e fare i loro affari”. “La congiunzione di questi fattori – aveva concluso il magistrato – fa sì che questa associazione abbia una chiara linea di condotta e che abbia avuto successo nello scenario criminale, soprattutto in tema di traffico di droga”.

Marcelo Pecci aveva quindi dichiarato guerra all’organizzazione mafiosa calabrese, soprattutto perché preoccupato per la possibilità di una proficua e pericolosa collaborazione con le associazioni criminali locali. “Tutto ciò è preoccupante – aveva dichiarato in un’altra intervista – perché ci troviamo già a combattere nella regione con organizzazioni come il PCC Comando Vermelho e siamo attenti a qualunque tipo di indicatori congiunti che possano mettere in allerta e possano innescare delle vere attività”. Proprio per questo motivo, l’indagine partita subito dopo la sua morte (che il presidente Mario Abdo Benítez ha definito un “codardo assassinio”) rischia di allargarsi e di finire ben al di là delle coste paraguayane. E non è da escludere un interessamento o magari persino un coinvolgimento da parte della ‘ndrangheta nell’omicidio stesso (in collaborazione con i narcos sudamericani), dato il lavoro svolto da Pecci nel contrasto all’organizzazione calabrese.

In questo momento, sia in Colombia che in Paraguay, le forze dell’ordine e gli inquirenti sono al lavoro nel tentativo di risolvere un caso che ha fatto scalpore e che non passerà certo inosservato. Le difficoltà di questi Paesi nel contrastare la mafia sono note e sarà difficilissimo fare chiarezza su quanto accaduto. Quel che è certo è che, qualora la ‘ndrangheta fosse effettivamente coinvolta nell’accaduto si aprirebbe un nuovo scenario. Uno scenario che vedrebbe fazioni criminali unite e coese, nonostante la distanza e nonostante vi sia un oceano a separarle. Una coesione frutto di uno stesso obiettivo criminale. 

Giovanni Dato -ilmegafono.org