I momenti di forte instabilità sociale, momenti in cui aleggiano paura, povertà, stanchezza e rabbia, sono terreno molto fertile per il crimine. Questo è particolarmente vero con riferimento alle mafie che sono realtà criminali organizzate, capillarmente infiltrate nei tessuti sociali, con enormi disponibilità economiche e con pochi scrupoli. Viviamo in un momento storico davvero complicato in cui tutti ci sentiamo “a rischio” e contemporaneamente abbiamo visto via via assottigliarsi la sfera delle nostre libertà individuali che consideravamo inviolabili. Inoltre, molti cittadini hanno subito la riduzione delle proprie attività lavorative e, conseguentemente, anche delle proprie disponibilità economiche. La paura, lo sconforto e la crisi economica si fanno sempre più palpabili. Lo Stato, confrontandosi con una sfida epocale, con avvenimenti ai quali nessuno era adeguatamente preparato, annaspa un po’ ma non può che essergli riconosciuto un forte impegno nei confronti dell’intera cittadinanza.

Tra gli interventi ad effettivo sostegno del cittadino va certamente annoverata la previsione di bonus spesa governativi in favore delle fasce economicamente più deboli. Lo stanziamento di queste eccezionali misure economiche ha immediatamente generato innumerevoli polemiche in moltissime regioni d’Italia, probabilmente a causa di una eccessiva libertà di azione nell’individuazione dei parametri per poterne fruire. A Ferrara è stata assegnata priorità nell’assegnazione degli assegni ai cittadini italiani o comunque europei; a Parma ha trovato applicazione un regolamento comunale già esistente che richiede, a chiunque voglia accedere ad agevolazioni, contributi o patrocini amministrativi, la sottoscrizione di una dichiarazione di fedeltà ai valori della Costituzione e della democrazia, ripudiando nazismo, fascismo, xenofobia e razzismo. Inevitabili le polemiche, poiché entrambi i requisiti succitati sembrano perdere di vista la ratio dello stanziamento (aiutare le fasce più deboli), cedendo alla logica dell’odio e della strumentalizzazione politica e alimentando una inaccettabile guerra tra poveri.

Più complessa la situazione nelle zone ad elevata densità mafiosa, dove la paura è che l’errata distribuzione dei voucher possa fungere da catalizzatore al dilagare della criminalità organizzata. Il rischio concreto che le mafie in questo periodo possano trovare enormi possibilità di sviluppo ed ampliare i propri affari economici è stato più volte ribadito da personaggi che le mafie le conoscono bene e le combattono da tutta una vita, come Don Ciotti ed il procuratore Nicola Gratteri. Tali paure hanno portato ad una sorta di paradosso calabrese: in diversi comuni della medesima regione si sono applicati concetti diametralmente opposti nell’individuazione dei requisiti per l’assegnazione dei bonus.

Se Africo, in provincia di Reggio Calabria, ha escluso dalla corresponsione le famiglie che comprendono al loro interno condannati per mafia (in una prima stesura l’esclusione era estesa anche agli indagati e alle persone sotto processo per questo tipo di crimini), le amministrazioni comunali di Cirò Marina e Strongoli (in provincia di Crotone) avevano stabilito invece che le famiglie dei detenuti avessero una priorità nella fruizione dei voucher governativi. Entrambe le posizioni sono state però fortemente criticate. Sulla delibera adottata ad Africo si è espresso lo scrittore Gioacchino Criaco che l’ha definita, senza mezzi termini, una decisione sbagliata. “Se parliamo di bisogno e lo Stato non risponde – ha dichiarato – è possibile che lo facciano altri”. “Africo – ha aggiunto lo scrittore – è un paese fragile, non respinge lo Stato, ma lo chiama. Alla ‘ndrangheta non interessano i 10 euro di un buono spesa, ma alle famiglie sì”.

Le delibere dei comuni in provincia di Crotone hanno invece attirato l’attenzione di Elisabetta Barbuto e Margherita Corrado, due parlamentari dei Cinque Stelle, che hanno chiesto chiarimenti al prefetto di Crotone ed al ministero dell’Interno. Un chiarimento che è avvenuto concretamente poiché entrambi i comuni hanno rettificato le delibere ed escluso la priorità, sottolineando però che la loro prima stesura non voleva in alcun modo favorire le famiglie dei detenuti a discapito delle altre. “Quello delle famiglie dei detenuti – ha spiegato il commissario prefettizio di Cirò Marina – non è uno status al quale noi abbiamo dato priorità, ci mancherebbe”. Il commissario Ielo ha inoltre aggiunto che tutta la procedura sarà comunque demandata a controlli dei Servizi sociali e delle forze dell’ordine e che, in sede di delibera, non si era pensato di dare alla locuzione “famiglie di detenuti” il valore di requisito.

La verità è che prendere decisioni così importanti in luoghi così compromessi ed infettati dalla mafie non è affatto semplice ed il rischio di eccedere in un verso o nell’altro è piuttosto elevato. È innegabile che non aiutare chi versa in reali situazioni di indigenza apra la strada ad altri tipi di aiuto meno auspicabili (come l’usura), ma è altrettanto vero che elargire fondi a fette malsane della società rischia di avviare nuovi business per la delinquenza. Prova ne è quanto denunciato pochi giorni fa dal sindaco di Gravina (in Puglia) in merito alla rivendita dei buoni spesa governativi. “Mi segnalano – ha dichiarato il primo cittadino – furbetti pronti ad approfittare della situazione, rivendendosi i buoni spesa. Ve lo dico subito: vi mando in galera”.

“Il buono è cambiato – ha aggiunto Valente -, per ricevere la spesa dai supermercati insieme al buono ora dovete allegare la carta di identità in modo che diventa non cedibile”. Probabilmente la soluzione è proprio questa: intensificare i controlli sulle effettive condizioni economiche dei destinatari e, contestualmente, sull’effettivo utilizzo dei voucher. Non pregiudicare a nessuno che abbia diritto l’accesso a tale sussidio, ma accertarsi che non venga utilizzato in maniera fraudolenta e poi, forse, aspettare un miracolo. Sperare che questo tanto decantato cambiamento post isolamento avvenga davvero. Augurarsi che l’uomo smetta di danneggiare i propri simili, almeno in un momento così tanto complicato.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org