Era lo scorso 18 maggio quando su una nota emittente televisiva andava in onda una interessante intervista del giornalista Andrea Purgatori al sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, Antonino Di Matteo. Un’intervista ben fatta, decisamente interessante, nel corso della quale tuttavia non è emerso alcun dettaglio nuovo o riservato rispetto a quanto già detto più e più volte sulla stagione stragista, sulle sue finalità e sul probabile coinvolgimento di uomini esterni a cosa nostra negli attentati che sconvolsero l’Italia nei primissimi anni ‘90. Eppure le dichiarazioni rese da Di Matteo nel corso della trasmissione televisiva hanno indotto il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, ad emettere un provvedimento, immediatamente esecutivo, di rimozione del magistrato dal nuovo pool che indaga sulle stragi. La motivazione è che le dichiarazioni avrebbero danneggiato il rapporto di fiducia in seno al gruppo di lavoro.

Un provvedimento che, vista la natura totalmente innocua delle rivelazioni rese, ha colto tutti di sorpresa e che, nel suo apparire eccessivo, rischia di delegittimare l’operato del magistrato da sempre impegnato in questo filone di indagini. Nel corso dell’intervista incriminata Di Matteo aveva definito Giovanni Falcone “un uomo che purtroppo qui in Italia era stato da molti e molto violentemente osteggiato, isolato e delegittimato ma che il mondo ci invidiava già”. Ed in effetti la delegittimazione è uno dei grandi rischi che corrono gli uomini retti che decidono di combattere la mafia. Il nemico più acerrimo di chi opera nel settore è senza dubbio la macchina del fango che spesso porta con sé una terribile solitudine che, purtroppo, si traduce sovente in un aumentato rischio per la propria incolumità.

Fortunatamente in questo caso non vi è stato isolamento ma, al contrario, un fortissimo sussulto di solidarietà di fronte alla decisione che ha colpito Di Matteo. In una sola settimana, infatti, sono state raccolte, tramite petizione, oltre 50mila firme per ottenere il suo reintegro nel pool e oltre 90 magistrati hanno preso posizione in suo favore nella mailing list dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) chiedendo l’intervento del Csm. Non sono mancate nemmeno le esplicite dichiarazioni di solidarietà a Di Matteo ed al suo operato.

“Quando caddi da magistrato – ha dichiarato l’ex giudice e oggi sindaco di Napoli, Luigi De Magistris -, quando mi sottrassero le inchieste che puntavano al cuore del sistema criminale del nostro Paese, e fui anche trasferito, con sottrazione delle funzioni di pubblico ministero, per evitare che arrivassi a verità che non si dovevano scoprire, mi sono, dal primo momento, trovato al mio fianco anche un magistrato di cui ho sempre avuto grandissima stima: il pubblico ministero Nino Di Matteo. Uno di quei magistrati coraggiosi che da anni, con ostacoli di ogni tipo, anche di Stato, si ostina doverosamente a cercare la verità sulle stragi di mafia e sulla trattativa Stato-Mafia”. “Oggi- ha concluso il sindaco di Napoli- mi sento di stargli vicino, come sempre, perché non riesco ad immaginare che Nino Di Matteo non si possa più occupare delle investigazioni sulle stragi”.

“Stupisce e amareggia – ha dichiarato tramite una nota l’ex sostituto procuratore di Palermo, Antonio Ingroia – che un magistrato serio, esperto e coraggioso come il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho abbia preso un provvedimento del genere sottraendo a Di Matteo la possibilità di approfondire temi di indagine come quelli sulla trattativa Stato-mafia e gli altri misteri ancora irrisolti, spesso legati a quella scellerata trattativa”.

Sulla spinosa questione è intervenuto anche il giudice argentino Juan Alberto Rambaldo, che ha affidato il proprio dissenso ad una lettera indirizzata al sito di Antimafia duemila: “Ovviamente – scrive il giudice argentino – non posso pronunciarmi sulla decisione del Dr. Cafiero de Raho che allude a ‘una questione di fiducia’, una valutazione completamente soggettiva, ma – da un’osservazione obiettiva – è innegabile che il Dr. Di Matteo non ha commesso alcuna irregolarità nelle sue dichiarazioni e che la sua rimozione dal pool investigativo comporterà un immeritato effetto dannoso per la sua immagine pubblica”. “Dr. Di Matteo – conclude la missiva – a Lei la mia più grande stima e solidarietà nella convinzione che il popolo italiano deve esserLe grato per il Suo lavoro di magistrato”.

Nel corso della partecipazione televisiva che tanto gli è costata Di Matteo aveva detto: “Abbiamo un dovere nei confronti di Giovanni Falcone, Giovanna Morvillo e dei valorosi poliziotti della scorta: il dovere di non rassegnarci ad uno sterile esercizio retorico nel ricordo; il dovere di completare quel percorso di verità che è già stato avviato da altri”. L’augurio è che possa adempiere a questo dovere, per chi nelle stragi ha perso la vita, per chi nelle stragi ha perso un parente e per tutta l’Italia che in quelle stesse stragi ha perso la sua parte migliore e un bel po’ di speranza.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org