Un po’ come l’Idra, il leggendario mostro al quale dal moncone di ogni testa mozzata ne rinascevano due, anche la mafia, in tutte le sue molteplici varianti territoriali, può vantare una resistenza mitologica. Così, malgrado da anni si registrino importanti traguardi nella lotta al crimine organizzato, nonostante gli arresti importanti, i blitz, i maxi processi e le dure condanne, si assiste ad una sorta di nuova “primavera” del fenomeno mafioso con l’affermarsi della cosiddetta “quarta mafia”. La mafia pugliese imperversa nella zona di Foggia e balza sempre più frequentemente agli onori della cronaca. Si tratta di una mafia più giovane, di cui si parla molto meno spesso. Eppure è radicata da molti anni. Recentemente, se n’è parlato di più, per via di un fatto di cronaca molto grave.

Nell’agosto del 2017, infatti, l’opinione pubblica si è finalmente accorta della criminalità pugliese, in seguito all’omicidio dei fratelli  Luigi ed Aurelio Luciani, due agricoltori che furono selvaggiamente giustiziati (a colpi di fucile e kalashnikov) perché ritenuti testimoni pericolosi dell’agguato al boss Mario Luciano Romito ed al cognato Matteo De Palma. Come tutti i fratelli minori anche questa mafia più giovane si sta dimostrando “indisciplinata”, desiderosa di farsi notare, di affermare sé stessa discostandosi quanto più possibile da chi l’ha preceduta. “E’ una malavita giovane che ha bisogno di mettersi in mostra per dimostrare di esistere”, ha dichiarato Piernicola Silvis, per diversi anni (dal 2013 al 2017) questore della polizia di Stato di Foggia. Questo desiderio di affermarsi, di essere conosciuta, rispettata e temuta si è inevitabilmente tradotto in una escalation di violenza che ricorda un po’ quella camorrista e che si discosta sensibilmente dallo stile della mafia siciliana o della ‘ndrangheta che agiscono in modo più “sommerso”.

Nel foggiano la mafia sfigura, uccide a colpi di kalashnikov e fucile e ricorre sempre più frequentemente agli attentati dinamitardi: solo nel 2019 si sono registrate ben 8 esplosioni. “Il 90% dei morti di mafia garganica – ha dichiarato Giuseppe Gatti, pm della DDA di Bari- non hanno più il volto. Devono essere uccisi, ma non solo, devono essere cancellati. Gli si spara in faccia a distanza ravvicinata per sfigurarli. Che significa togliere la memoria. Togliere il volto”. “Lo stesso – ha aggiunto il procuratore – vale per la lupara bianca. Non restituire la salma alla famiglia significa cancellare, non solo uccidere”. La ferocia di questi boss è stata recentemente confermata da alcune intercettazioni ambientali dalle quali emerge l’intenzione di un affiliato ad un clan di uccidere un rivale a colpi di martello e di mangiargli il cuore. Oltre a questo eccesso di violenza, la peculiarità della mafia foggiana è l’essere riuscita ad unire il tradizionale assetto “familiare” ad una decisamente più moderna gestione degli affari economici.

In Puglia gli affari dei clan sono davvero molteplici ed investono settori molto diversi tra loro. Sono sempre più frequenti le infiltrazioni negli enti locali (con un occhio di riguardo per il business dei rifiuti) ma anche le ingerenze nei vari settori economici in crescita, e non mancano poi altri tipi di affari illeciti quali l’estorsione, le scommesse on-line, lo spaccio di sostanze stupefacenti o lo sfruttamento del caporalato (la DIA sostiene che esiste un accordo tra le mafie pugliesi e quelle transnazionali che si occupano del trasporto dall’estero e dell’ingresso clandestino in Italia di immigrati).

Per quanto concerne infine lo spaccio di sostanze stupefacenti sembrerebbe che la criminalità organizzata pugliese abbia stretto una pericolosa alleanza con i narcotrafficanti albanesi. Nodo focale della collaborazione sembrerebbe essere Vieste, considerata strategica soprattutto perché offre un comodo approdo ai gommoni carichi delle sostanze destinate allo spaccio. Questa collaborazione tra Puglia ed Albania si traduce non solo nell’incremento del numero di albanesi denunciati nella zona perché coinvolti in attività criminali ma anche nel notevole incremento della coltivazione di marijuana. Tra ferocia gratuita, abilità negli affari e pericolose amicizie, questo “fratello minore” promette di essere davvero pericoloso, ancor più impegnativo di chi lo ha preceduto.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org