Lo scorso 21 marzo, Milano sarebbe risultata come la terza città più inquinata al mondo, almeno secondo la piattaforma IqAir. Le concentrazioni di particelle sottili in città avrebbero raggiunto quasi il limite massimo di 50 microgrammi per metro cubo, con una media di Pm10 pari a 47.75 µg/m³. Una rilevazione che ha suscitato polemiche, tanto che la rivista Wired ha smentito qualche giorno dopo i dati, spiegando che “non corrispondono, per la maggior parte dei casi, ai valori rilevati dalle stazioni della rete di monitoraggio regionale gestita da Arpa Lombardia”. Ciò non toglie che spesso nelle città italiane vengono superati i limiti consentiti delle emissioni inquinanti. Nell’ultimo rapporto di Legambiente sulla qualità dell’aria, che si basa su dati Arpa, nel 2022 almeno 72 città sono risultate infatti fuorilegge in relazione alla quantità di polveri sottili Pm10 presenti, avendo superato il limite raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come media annuale di 20 microgrammi per metro cubo di aria.

Gli effetti di questo inquinamento sulla salute sono molteplici: dallo sviluppo di patologie respiratorie alla compromissione del sistema cardiovascolare. Basti pensare che, secondo un rapporto del 2015 del ministero della Salute, ogni anno 30 mila decessi in Italia sono riconducibili al particolato fine (PM2.5). Sono cifre allarmanti che parlano da sole e che avrebbero dovuto spingere da tempo il governo italiano a elaborare una strategia adeguata per il superamento dei motori a benzina e diesel, in linea con altri Paesi europei. Tuttavia, la situazione rimane molto complicata. L’Italia, infatti, ha scelto di puntare sui biocarburanti come alternativa alla benzina e al diesel. Altri Stati europei, come Germania e Islanda, invece hanno iniziato a sviluppare gli e-fuel, carburanti sintetici grazie ai quali è possibile abbattere quasi del tutto le emissioni inquinanti.

Ora però l’Ue ha approvato un nuovo regolamento che vieta la vendita di auto con motori a benzina e diesel (anche con biocarburanti) a partire dal 2035, permettendo invece l’uso degli e-fuel, oltre che, naturalmente, l’elettrico e l’idrogeno. Sarà un cambiamento epocale, ma l’Italia non è pronta. Il governo non intende cedere sui biocarburanti perché considerati una tecnologia meno costosa, e non sono previsti, almeno per ora, investimenti sugli e-fuel, al contrario di Spagna, Svezia e Danimarca, dove invece ci sono già progetti in partenza. Il rischio concreto è quello che il nostro Paese rimanga “a piedi” sulla strada dei trasporti ecosostenibili, dato che la diffusione delle auto elettriche in Italia è ancora sotto la media europea, con vendite addirittura in calo negli ultimi mesi.

Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, dovrebbe essere il primo ad aprire un dibattito serio sul futuro dei trasporti nel Bel Paese, ma sembra improbabile che questo possa accadere. Pochi giorni fa, infatti, tanto per dire qualcosa contro il “green”, Salvini ha accusato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, di favorire i ricchi (quelli che, a suo parere, possono permettersi automobili di nuova generazione) con lo stop alle auto inquinanti nella Ztl. Come se il problema principale non fossero proprio i motori vecchi a benzina o diesel e come se la tutela dell’ambiente e della salute fosse un tema che riguarda solo alcune fasce della popolazione.

Redazione -ilmegafono.org