Nella sua relazione annuale alle Camere, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ci va giù pesante. Almeno questa è l’impressione rispetto allo storytelling da cui siamo bombardati da almeno un anno. Il presidente Boeri passa in rassegna, citando sempre la fonte da cui attinge, una serie di problematiche che affliggono la nostra società e che hanno una ripercussione sul sistema pensionistico.

Boeri vede l’effetto sul sistema pensionistico complessivo di una serie di politiche che da queste colonne segnaliamo da tempo. La tematica della longevità del nostro Paese, la scarsa natalità e l’emigrazione giovanile (citate subito in apertura), l’immigrazione. Chiaramente, soprattutto appena si sente parlare di immigrazione, partono subito le critiche. Il ministro degli Interni accusa Boeri di far politica e lascia subodorare (in modo quasi minatorio) un possibile cambio al vertice dell’Istituto.

Insomma basta toccare i punti giusti per far scattare la controffensiva. E dire che nella stessa relazione, se uno avesse modo di leggerla, Boeri, a nome dell’Isitituto, elogia l’idea del salario minimo orario che è nelle idee del governo. Da qui a considerare la relazione un manifesto politico, però, ce ne vuole. A meno di non voler ammettere che i dati e gli studi nascondano qualche idea politica. L’idea, di questi tempi, non pare peregrina. Probabilmente sono finite la categorie destra e sinistra e ne sono subentrate altre.

Perché lo scontro sembra ormai quello tra un racconto onirico e vaneggiante, da un lato, e la realtà dall’altro. L’osservazione puntuale e circostanziata, sostenuta da evidenze, viene immessa in un circolo più ampio, decontestualizzata perché non compresa, travisata e quindi attaccata. La cosa che forse preoccupa di più è che il dibattito non si concentra sulle questioni di merito ma sulla interpretazione che ne viene data. Per esempio, il passaggio sull’immigrazione merita di essere letto. Scrive Boeri in un passaggio: “Tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna contrastare l’immigrazione irregolare. Bene, ma si dimentica un fatto importante: per ridurre l’immigrazione clandestina il nostro Paese ha bisogno di aumentare quella regolare”.

A suffragare questa osservazione cita il dato che “nel lavoro manuale non qualificato sono oggi impiegati il 36% dei lavoratori stranieri in Italia, contro solo l’8% dei lavoratori italiani e lo Skills Outlook dell’Ocse segnala una forte polarizzazione nella domanda di lavoro, con richieste di personale sia altamente qualificato che addetto a mansioni ai livelli più bassi della scala retributiva. Dunque c’è una forte domanda di lavoro immigrato in Italia”.

Le risposte e le critiche non paiono altrettanto circostanziate e si riducono a vaneggiamenti. Ci fosse almeno un dibattito sui singoli punti, un’idea di politica da seguire, una proposta concreta sulle segnalazioni che vengono fatte. Nulla, semplicemente si accusa l’Istituto e si cavalca l’onda.

È troppo semplice dire invece che Boeri, non dovendo fare politica e non avendo grosse difficoltà a mantenersi dato il curriculum che può vantare, possa semplicemente dire la verità? Come mai il tecnico con un ruolo importante e relative responsabilità non può palesare il risultato delle analisi? Sicuramente perché è accusato di essere un rappresentante di quel “pensiero unico” tanto vituperato. Un conformista al soldo di Bruxelles. Sicuramente. Niente da fare, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire anche se è una magra consolazione poter dire “vi avevo avvertito”.

Penna Bianca -ilmegafono.org