Nude, sporche, spaventate. Sono state trovate così le undici donne fatte prigioniere dalle milizie jihadiste di Al Hamza, affiliate all’esercito turco con il quale controllano la zona di Afrin, in Siria. È in una prigione segreta che si teneva il teatro degli orrori. Undici donne curde erano state rapite  e tenute in uno stato disumano, contro ogni diritto internazionale, contro le convenzioni di Ginevra, contro ogni possibile scenario immaginabile. La scoperta della prigione è avvenuta dopo uno scontro tra le milizie di Al Hamza e gli uomini armati  della Ghouta.

A prendere il controllo del quartier generale di Al Hamza sono state proprio le milizie siriane della Ghouta, che hanno portato alla luce la terribile scoperta e chiesto esplicite spiegazioni a Recep Tayyip Erdogan, il quale tiene le redini della città curda di Afrin dal 2018, dopo l’operazione Ramoscello d’ulivo.

Non è la sola piaga tenuta nel buio del silenzio delle terre martoriate dalla Turchia. I rapimenti di donne e bambine curde sono in continua crescita, come fa notare l’Osservatorio per i Diritti Umani di Afrin: “La schiavitù sessuale è l’arma privilegiata contro i curdi dall’esercito turco e dalle milizie lealiste. Una giovane ragazza di 16 anni, Malak Nabih Khalil Jumah, è stata rapita lo scorso 23 maggio. Per proteggerla da un matrimonio forzato con le milizie jihadiste e da un rapimento, i genitori avevano scelto di farla convogliare a nozze con un loro parente. La ragazza è stata rapita prima che tutto ciò potesse accadere. Pochi giorni prima si erano susseguiti altri rapimenti e abusi sessuali”.

Una matrioska fatta di drammi. Matrimoni precoci che si consumano per sfuggire agli stupri e ai rapimenti. Un susseguirsi di violenze fisiche e psicologiche che le ragazze e le donne curde ancora presenti ad Afrin e nei villaggi limitrofi sono costrette a subire. Un calderone di diritti umani violati ripetutamente. Crimini contro l’umanità e genocidio, queste sono le accuse che possono essere mosse alla Turchia e alle alleate milizie jihadiste in quanto sono state commesse ripetute violenze contro singoli e gruppi indistintamente da una situazione di guerra e pace.

Sono stati perseguitati perché curdi, privati della libertà di parlare la loro lingua, uccisi barbaramente, violando ogni diritto che dovrebbe tutelare vite umane. La Corte internazionale dei diritti dell’uomo non può più, anche adesso di fronte a undici donne stuprate, nude e rinchiuse in delle prigioni segrete, stare in un silenzio assordante. Un silenzio che crea varchi e spazi liberi a violenze disumane da parte di uno Stato, quale è la Turchia, membro della NATO.

Rossella Assanti -ilmegafono.org