Dalle pagine dell’ultima inchiesta realizzata da L’Espresso, è emerso un quadro preoccupante e di assoluta importanza che mostra, per l’ennesima volta, la collusione tra politica e criminalità organizzata. L’inchiesta ha come epicentro Latina, città da sempre in mano alla destra (soprattutto quella estrema) e che negli ultimi anni è stata vittima di un terremoto giudiziario e politico. Secondo quanto riportato dal settimanale, infatti, negli ultimi anni il capoluogo laziale avrebbe subito l’onnipotenza e il potere quasi totalitario di quel connubio mafia-politica che risulta spesso indissolubile e difficile da contrastare. Ma procediamo con ordine.

Al centro dell’inchiesta vi è innanzitutto il mondo politico. Nello specifico si fa riferimento a Pasquale Maietta, commercialista molto noto nel pontino, ex presidente del Latina Calcio e da sempre in campo a sostegno dei partiti “a destra”. Maietta, infatti, avrebbe goduto dell’appoggio di un altro elemento di spicco della destra italiana, Giorgia Meloni, che nel corso degli ultimi anni lo aveva addirittura promosso a tesoriere di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati. Lo stesso Maietta infatti è stato deputato del partito di Giorgia Meloni. Insomma, una vera e propria ascesa politica che lo aveva avvolto di notorietà e fama. Nel 2018, però, la Dda di Roma, nel corso dell’operazione “Alba Pontina”, giunse all’arresto di Maietta e alla scoperta di una realtà, di un vero e proprio “mondo sommerso” di cui ancora oggi, da quelle parti, si pagano le conseguenze.

Dalle carte dell’inchiesta, infatti, sarebbe emerso che lo stesso Maietta avrebbe fatto da tramite all’interno di un complesso sistema di riciclaggio che vedeva come protagonisti da un lato la SMC Trust, fiduciaria svizzera con sede a Lugano, dall’altro gli interessi dei Di Silvio-Ciarelli, clan Sinti molto vicino ai Casamonica. Un clan che, dagli anni ‘90 in poi, avrebbe controllato in maniera totale la città di Latina e i suoi dintorni. Ancora una volta, quindi, mafia e colletti bianchi sarebbero andate a braccetto e avrebbero collaborato allo scopo di perseguire i propri fini e accrescere il proprio potere.

Nel corso degli ultimi giorni (soprattutto in seguito alla pubblicazione dell’inchiesta da parte dell’editoriale), un’attenzione notevole si è posta nei confronti di quelli che sono due dei protagonisti degli ultimi tempi nella politica italiana, vale a dire la stessa Meloni e Salvini. Se da un lato, infatti, la prima ha dalla sua quello di aver appoggiato un candidato ed un personaggio così discutibile e discusso, dall’altro pare che proprio in occasione delle ultime elezioni comunali avvenute nel 2016, la Lega avrebbe avuto l’appoggio del clan Sinti e di un nutrito numero di supporter del Latina (da sempre noti per le simpatie nei confronti della destra).

Tutto ciò è da confermare e siamo sicuri che maggiori dettagli saranno necessari affinché si giunga alla verità. Quel che non può passare inosservato, però, è che tali dichiarazioni sarebbero uscite dalle testimonianze di un collaboratore di giustizia, Renato Pugliese, uno degli esponenti più importanti del clan e dell’intero ambiente criminale pontino. “Noi abbiamo fatto la campagna per Noi con Salvini”, avrebbe affermato; “allora avevamo l’incarico dell’attacchinaggio”. Non solo, “in queste elezioni più recenti – si legge nelle dichiarazioni – avevamo un candidato particolare, Adinolfi”, vale a dire Matteo Adinolfi, eletto lo scorso anno al Parlamento Europeo tra le fila della Lega.

Che la mafia, a Latina, negli ultimi anni sia passata da Fratelli d’Italia alla Lega è quel che gli inquirenti stanno cercando di capire. L’Espresso, con quest’ultima inchiesta, ha sicuramente smosso le acque di un sistema sul quale è necessario fare chiarezza. Sarebbe necessario anche che Giorgia Meloni e Matteo Salvini riferiscano su questa storia, dicano qualcosa, chiariscano i loro rapporti con i personaggi finiti al centro dell’inchiesta. Ferma restando la necessità di lasciare che la magistratura, e solo essa, accerti quanto descritto.

Giovanni Dato -ilmegafono.org