Non solo cibo prelibato e pregiato, ma anche toccasana per l’ambiente. Mangiare le ostriche, infatti, fa bene anche all’ambiente. A confermare questa curiosa tendenza è l’Università di Ferrara che a Goro, centro mondiale per la produzione di ostriche, ha rilevato la loro capacità di catturare con il guscio la CO2, ossia l’anidride carbonica. Il guscio rappresenta la maggior parte del peso di un’ostrica, circa il 60-70%, contribuendo così a eliminare circa il 50% di sostanze tossiche nel loro ciclo di vita.

Nel 2020 sono state prodotte circa 6 milioni di tonnellate di ostriche, eliminando così 1,7 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Un margine che in Italia è in crescita, come ha dichiarato all’ANSA il presidente di Fedagripesca-Confcooperative, Paolo Tiozzo: “Abbiamo molte varietà molto apprezzate anche all’estero, dall’Ostrica rosa di Scardovari alla verde del Golfo dei Poeti, alla bianca del Gargano, alla nera di Goro. Certo non possiamo competere con i volumi di altri Paesi ma la qualità è ottima; una filiera che, se ben sviluppata, potrebbe arrivare a superare il mezzo miliardo di euro”.

Occorre però consumarle e produrle consapevolmente, per cui il team di ricerca dell’Università di Ferrara, coordinato dalla professoressa Elena Tamburini, sta lavorando a un manuale tecnico di ostricultura, utile a rilanciare un piano strategico per il settore. Il progetto prevede la cooperazione di sei regioni, tra le più attive nella produzione di ostriche, ossia Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Puglia, Sardegna e Liguria. Si lavorerà alla sostenibilità delle produzioni, con focus sugli aspetti igienico-sanitari.

Ma c’è di più. Ostriche, così come vongole e cozze, possono rappresentare una fonte di nutrimento e proteine per il pianeta, molto più sostenibile di insetti e altre sostanze sintetiche prodotte in laboratorio. Insomma, una pietanza prelibata che, dalle grandi occasioni e cene romantiche, si trasforma in grande occasione per l’ambiente e la sostenibilità. E va ammesso che così c’è anche più gusto.

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