Prima o poi arriva quel momento in cui tutte le contraddizioni e l’arroganza di un modello sbagliato di società incontrano, finalmente e inevitabilmente, la dignità e la rabbia di chi non si arrende. Non capita spesso, soprattutto in questa nostra parte del mondo ricco e opulento che si considera il più evoluto, sempre capace di domare ogni frammento di ribellione, ogni ostacolo sul cammino di una narrazione che lo vuole dominante e sempre padrone. Arriva l’attimo in cui quel mondo di sotto fa un passo in avanti e si cerca in tutte le sue componenti, e sono in tanti a riconoscersi in quel cercarsi e a rispondere: gli studenti, per esempio, che hanno conosciuto lo schiaffo e l’odore della morte di un ragazzo come loro, nella vergogna di una legge che i grandi hanno chiamato con solennità alternanza scuola-lavoro.

Si chiamava Lorenzo e aveva solo diciotto anni, morto in fabbrica quando era ancora studente. Loro, che hanno conosciuto la faccia feroce dei guardiani del mondo di sopra nascosta dentro una divisa dello Stato ma hanno messo la faccia e il cuore davanti ai manganelli, mascherando la rabbia e la paura dietro una consapevolezza nuova di cui questo Paese ha un bisogno enorme. A migliaia sono scesi nelle strade e nelle piazze di questa Italia troppe volte passiva, quasi incapace di reagire ad ogni nefandezza del mondo di sopra. Di fronte a quei ragazzi che hanno riempito le piazze, la madre di Lorenzo ha trovato parole che lasciano un segno: “Sono stati una carezza per mio figlio”. Ma questa società fatica a capire il calore e il valore di una carezza e allora il mondo di sotto si ribella, si conta e si cerca. Si trova.

Perché, oggi come una volta e come sempre, è importante capire chi sta da una parte e chi dall’altra: chi è con quei ragazzi che saranno gli adulti di domani, chi è con gli sfruttati del mondo di sotto e chi invece sta dalla parte di chi patteggia sempre con il mondo di sopra. Quando si sceglie di cercare invece di stare fermi succede che si trova qualcuno, non capita spesso ma quando succede l’incontro può diventare un vento che corre e non si ferma più. A Campi Bisenzio, Firenze, c’era una fabbrica che il mondo di sopra aveva deciso di chiudere. Qualche volta il padrone si presenta con nome e cognome in tutta la sua arroganza, altre volte si nasconde dietro società di comodo, fondi di investimento e diventa difficile capire contro chi si deve lottare veramente, chi è l’uomo mascherato. E poi c’è quel vuoto intorno: il potere politico sempre schierato dalla stessa parte perché il lavoro, su cui si dice che si fondi questa Repubblica, non ha lo stesso valore per tutti; un’informazione silente e accondiscendente, troppo spesso inginocchiata davanti al mondo di sopra.

Le fabbriche si possono chiudere o “delocalizzare” dove conviene di più e dove costa di meno. Ma, a Campi Bisenzio, ci sono donne e uomini che non hanno paura dell’uomo mascherato e, per mesi, combattono una lotta quasi impari. Occupano la fabbrica, si organizzano, studiano strategie e scendono nelle strade, nelle piazze. Fanno il “Giro d’Italia”, cercano solidarietà e raccontano la loro lotta e il loro sogno: salvare la fabbrica e quei posti di lavoro. Poi, in un giorno di settembre del 2021, le strade di Firenze si riempiono come non succedeva da tempo. Quelle donne e quegli uomini di Campi Bisenzio sono alla testa di un corteo che scrive una pagina che resterà nella storia del movimento operaio. Perché quel movimento esiste ancora ed è ancora una leva fondamentale per la democrazia, deve solo ritrovare il coraggio di rialzare la testa e convincere sé stesso e il mondo di sotto che la lotta paga.

Le donne e gli uomini della Gkn di Campi Bisenzio lo hanno dimostrato e insegnato. Oggi, dopo mesi di lotta, la Gkn è ancora viva. Sono successe molte cose: è stato firmato un accordo quadro sottoposto al referendum fra i lavoratori, la battaglia non è ancora finita ma la fabbrica è viva. “Insorgiamo”: era questo il grido uscito da quella storia, l’invito a unire le lotte, la necessità e il bisogno di essere tutti dalla stessa parte per cambiare equilibri e rapporti di forza, per riuscire davvero a cancellare le disuguaglianze sociali. Da quell’angolo di Firenze è ri-cominciata una partita che sembrava non si dovesse più giocare. Oggi i lavoratori della Gkn continuano il loro “Giro d’Italia”.

Nelle Marche, a Jesi, c’è una fabbrica la cui sopravvivenza è appesa un filo: è la Caterpillar, multinazionale americana. Le lettere di licenziamento sono pronte, e non esiste nessun segnale di una trattativa. I lavoratori della Gkn sono andati a Jesi, hanno incontrato le donne e gli uomini della Caterpillar. Si chiama solidarietà, qualcuno la chiama fratellanza. Da Jesi, dai cancelli della Caterpillar, riprende quella strada dove l’obiettivo è un bene comune che non può disperdersi. Dentro quella fabbrica, a Jesi, un’assemblea dove una moltitudine di storie si sono cercate e trovate. Non erano solo storie operaie, in quella assemblea le storie si mescolavano: operai e studenti, militanti di una politica che sceglie da che parte stare, collettivi e associazioni del movimento universitario, la rete dei centri sociali, sindacalisti, gente comune, cittadini. Non capita spesso ma quando capita significa che qualcosa di importante sta nascendo, si mette in cammino e può andare lontano.

Le assemblee degli studenti, la loro voce e la loro voglia di essere una parte attiva di un cambiamento che non può più aspettare, la loro protesta nei confronti di una società incapace di ascoltare e di progettare un futuro, sono un segnale che va accolto con favore e anche con gratitudine. Certo, sono molte le differenze con i movimenti studenteschi del ‘900. Ma il comune denominatore è la determinazione di una generazione che sceglie di uscire dal recinto che il mondo di sopra ha creato per loro, è la scelta di raccogliere quel testimone di impegno sociale e politico, quindi umano, che passa da una generazione all’altra. Qualcuno pensava, e sperava che, nel 2001, nelle strade di Genova si fosse seppellito per sempre quel testimone: Genova è una ferita che non potrà mai essere chiusa, ma dalle cicatrici rinasce sempre una pelle nuova, come una scorza capace di resistere ai colpi che arrivano e arriveranno ancora. Oggi, come un tempo che sembra così lontano, gli studenti e la classe operaia si cercano e si incontrano ancora dalla stessa parte della strada.

A Campi Bisenzio, nell’estate dell’anno scorso, è nato un seme e il vento lo ha sparpagliato nel Paese. Gli studenti lo hanno raccolto e quel seme può diventare un albero, e ogni albero fa crescere una foresta. In tanti proveranno a tagliare quell’albero e a disperdere quel seme, il mondo di sopra ha sempre risposto con la forza ad ogni tentativo di cambiare la società ma forse, questa volta, il mondo di sotto può camminare con più forza e con più consapevolezza di prima. Quando le generazioni di ieri e di oggi si cercano e si incontrano, quando decidono che si può camminare insieme, quando capiscono che solo in questo modo si può “insorgere”, allora il modo di sopra può cominciare a preoccuparsi. Non capita spesso ma quando succede può diventare un vento capace di pulire l’aria.

Maurizio Anelli – ilmegafono.org