Non l’ho visto il concertone. E neanche lo scorso anno. Non per rifiuto ideologico, né per protesta contro la formula pandemica, anche perché avrei potuto protestare al massimo con lo specchio del bagno. Semplicemente perché non aveva attrattive per me, e forse perché di concertoni dal vivo ne ho visti diversi, arrivando pure a salire sul palco. Questa premessa dall’utilità abbastanza relativa era per dire che fino a quando non è montata la polemica come si deve non avevo idea della questione Fedez/DDL Zan. Certo, già qualche ora dopo le esibizioni vedevo diversi post inneggiare a Fedez come a un novello Masaniello, qualcuno ironico qualche altro particolarmente serio, ma la questione sembrava abbastanza liquida, tale da confondersi in breve nella marea dei post a tema delle ultime settimane.

Poi però è venuta fuori quella cosa della Rai, della censura/non censura, delle telefonate, delle opportunità, dei silenzi e dei veli squarciati, e se ti occupi di comunicazione e circoli sul web come fosse il raccordo anulare, allora non puoi rimanere all’oscuro. Ti tocca. E quindi ho letto, ho visto, ho sentito e ho maturato la mia idea. E sulla mia idea non avevo parole da dire, ché non è che per forza devi dire qualcosa e scriverla e allargare i gomiti nelle acque dei social. Però è successo che fra le reazioni a quello che è accaduto una mi ha colpito così tanto da lasciarmi il segno, arrivandomi dritta in faccia, e allora ho pensato che qualcosa dovevo dirla perché di fronte a certi argomenti, e a chi li tira fuori, la replica universale diventa necessaria. Insomma: non è possibile restare in silenzio perché non è possibile far circolare determinate idee senza additarle come assurde, velenose e, in ultima analisi, dannose. Provando a bloccarle come Gandalf sull’ultimo ponte all’uscita dal regno di Moria: “Tu non puoi passare”.

La questione sta nel passato di Fedez: un buon numero di strenui difensori delle argomentazioni che vanno contro il DDL Zan ha sentito l’esigenza di affrontare la faccenda servendosi di uno dei mantra calcistici tanto cari agli estimatori di Zeman, e cioè quello secondo cui la miglior difesa è l’attacco. Ché si sa, gli italiani siamo tutti allenatori. Solo che in casi come quello affrontato adesso, che con lo sport non ha nulla a che fare, questo altro non è che un modo per non entrare nel merito, per sviare, il che rappresenta un procedimento abbastanza comune, in genere, nella bagarre politica alimentata da chi non possiede argomenti e sa di stare seduto dalla parte del torto. Fedez è stato attaccato perché da ventenne avrebbe scritto testi omofobi nei quali avrebbe messo in ridicolo gli omosessuali attaccandoli, deridendoli, insultandoli, ma il rapper ha smentito nel modo più logico, cioè prendendo i testi incriminati e avvicinando il pubblico a una sorta di esegesi, chiarendo che vanno interpretati in chiave inversa perché scritti dal punto di vista del cosiddetto rapper gangster, che negli stessi testi viene poi preso in giro nel finale a riprova del reale messaggio che si voleva trasmettere.

Certo, ha pure chiarito di non essere nato con un puro spirito battagliero, ammettendo errori di gioventù proprio in chiave omofobica e chiedendo per questo scusa, ma questo ovviamente non può togliere forza all’iniziativa del palco del primo maggio. Semplicemente perché tutto quello che ha fatto da quando ha cominciato a cavalcare la popolarità è perfettamente normale: a ben vedere potremmo chiamarlo processo di maturazione. Tanti, però, si ostinano in questa battaglia del “ecco chi è veramente Fedez”, senza chiaramente affrontare le argomentazioni sollevate dal rapper lombardo e barricandosi dietro un semplicistico “ma tu a vent’anni avevi idee così diverse?”. Ora: se non fosse terribilmente irritante sarebbe pure divertente, perché molti fra i denigratori del Fedez-pro-DDL Zan sono quelli che hanno accolto Salvini al Sud urlando “solo gli stupidi non cambiano idea” in faccia a chi ricordava che il giovane Capitano cantava allegramente “senti che puzza stanno arrivando i napoletani”.

Già qualche anno fa i leghisti del Sud sciorinavano la teoria di Karl Kraus sull’incoerenza con orgogliosa inconsapevolezza, e adesso si guardano bene, incoerentemente, dall’applicarla tout-court. Perché, secondo questo modo di intendere il mondo, il Capitano non avrebbe dovuto mettere piede a Napoli, e a ben vedere – prese le dovute distanze siderali, e questo credo sia bene sottolinearlo dato che viviamo l’era dei facili impressionismi – Oskar Schindler, che a 31 anni aveva aderito al partito nazista, non avrebbe potuto salvare oltre un migliaio di ebrei. O dovremmo pensare, con immaginazione distopica, che se allora ci fossero stati i social un buon gruppo di suoi denigratori avrebbe fatto circolare online la sua tessera nazista scrivendo “ecco chi è veramente Schindler”.

Insomma: di esempi di gente che ha preso decisioni importanti per la società dopo aver fatto maturare sulla pelle i propri errori ce ne sono tanti. Fedez è solo un nuovo passaggio, relativamente piccolo nelle vicende umane, ma ha di buono che ci permette di osservare meglio i comportamenti umani contemporanei, i modi in cui si sviluppa una parte del pensiero moderno partendo dai social e innestandosi nelle strade. La storia, per fortuna, è maestra senza tempo sulle spalle, e può sempre tornarci utile per mostrare come davvero procede il mondo. Il problema, per moltissimi, sta nella capacità di apprendere le lezioni, ma questa è una questione diversa.
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Postilla: se si intende attaccare questo pezzo basandosi sull’assurdità dell’accostare la vicenda attuale a quella dei lager, allora si torni indietro e lo si rilegga, soffermandosi sulla parte dove viene evidenziato come chi non ha argomenti evita di entrare nel merito, provando a sviare. Hai visto mai serva e qualcuno si redima.

Seba Ambra – ilmegafono.org