Si è tanto parlato dei 49 milioni che la Lega è stata condannata a restituire allo Stato. Ma non sono finiti qui i guai per l’armata gialloverde al potere. Di Maio e la villa con piscina accatastata con fantasia e i problemi societari dell’impresa di famiglia. E ancora i debiti insoluti della società di Di Battista, rea soltanto di avere delle posizioni creditizie scoperte. Insomma continuano i grattacapi per chi inventa gli spazza-corrotti (e poi per i Comuni innalza da 40 a 200 mila l’importo degli appalti ad assegnazione diretta), per chi impone la legalità con gli sgomberi e la gente in strada. La storia di solito insegna che proprio i più puritani sono spesso quelli più coinvolti.

Nuova luce, in particolare sul caso Lega, continua a farla l’Espresso. Il settimanale prosegue la caccia ai 49 milioni, per capire dove siano finiti ed eventualmente come siano ricomparsi. Le scoperte più interessanti parrebbero riguardare il protrarsi di operazioni fantasiose, per usare un eufemismo, anche quando il segretario era diventato ormai Salvini.

Un giro di associazioni, scatole cinesi e società a scopo di finanziamento occulto (lo stesso per cui è sotto gli occhi dei magistrati anche Bonifazi del PD) per “far girare” i soldi e disperderli e poi farli rientrare. Qui sembra che i poteri forti e i “furbetti” siedano sugli stessi scranni e vestano le stesse scarpe di chi vorrebbe perseguirli. I fatti devono essere dimostrati e sarà la giustizia a fare il suo corso, possibilmente smentendo in toto le ipotesi dell’Espresso.

Ma fa sorridere (oppure cadere le braccia) che si sia cavalcata sempre la storia pruriginosa di altri (a volte anche a ragione) per poi ritrovarci sempre qui, a discutere di affari privati che diventano pubblici, di mala gestione e di soldi che spariscono. Preoccupa una volta di più che il potente di turno, di fronte all’inchiesta della magistratura o giornalistica, risponda con piglio saccente, arrogante e dirigista per sminuire e magari non smentire.

Così ha fatto Di Battista, ribaltando la storia della società di famiglia come un Robin Hood del terzo millennio. Con ancora più arroganza ha reagito Salvini, il quale accusa l’Espresso e incassa la dilazione del pagamento in decine di anni allo Stato. Per fortuna i soldi per la propaganda ci sono. Con le nostre tasse.

Penna Bianca -ilmegafono.org