Finalmente buone notizie dal fronte atmosfera, in particolare dal famigerato e pericoloso buco dell’ozono. Secondo il rapporto di valutazione quadriennale dello stato di salute del buco dell’ozono, pubblicato dall’Omm (Organizzazione meteorologica mondiale), ci sono ottime premesse per far sì, che entro il 2066, il ‘buco’ più preoccupante, ossia quello sull’Antartide, si possa chiudere del tutto, passando per una serie di altre tappe importanti nel mezzo: nel 2040 toccherà alle medie latitudini, nel 2044 sarà la volta del Polo Nord, fino ad approdare al sopracitato Antartide, poco più di vent’anni dopo.

Il dato registrato il 5 ottobre dello scorso anno faceva pensare a una sorta di inversione di tendenza nella scia positiva degli ultimi anni. Il buco dell’ozono sopra l’Antartide, infatti, aveva fatto registrare il picco stagionale di 26,4 milioni di Km2, un dato negativo rispetto alla progressiva chiusura registrata di recente. La risposta è stata semplice: tutto dipendeva da particolari condizioni meteorologiche che falsavano i risultati.

Il merito di questa progressiva chiusura del buco dell’ozono è dell’applicazione del Protocollo di Montreal, con il quale a partire dal 1987, 36 anni fa, sono state bandite una serie di sostanze dannose per l’ozono. I risultati si vedono. “L’azione per l’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima. Il nostro successo nell’eliminazione delle sostanze chimiche che danneggiano l’ozono ci mostra cosa si può e si deve fare con urgenza per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e limitare così l’aumento della temperatura”, ha dichiarato con soddisfazione Petteri Taalas, segretario generale dell’Omm.

Non mancano tuttavia delle zone a più alto rischio, che vengono costantemente monitorate. Si tratta di zone in cui circolano ancora sostanze bandite e quindi dannose, ma potrebbe trattarsi di una categoria di prodotti secondari non ancora regolamentati.

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