È di pochi giorni fa la notizia dell’arresto di Giuseppe Guttadauro, boss di Brancaccio già noto alle forze dell’ordine come il “dottore” ( o più precisamente “u dutturi” ). Guttadauro, infatti, prima che fosse ufficializzato il proprio ruolo in seno alle cosche mafiose, era aiuto primario all’ospedale civico di Palermo. Il suo primo arresto risale ad oltre 20 anni fa, nel 2002, nell’ambito dell’operazione “Ghiaccio”. Fu proprio quel filone di indagini che mise in luce tra l’altro, attraverso le intercettazioni ambientali presso l’abitazione del medico boss, la presenza di talpe alla procura di Palermo, coinvolgendo anche l’ex presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro. Guttadauro, infatti, nel reperire una microspia presso la propria dimora, ebbe a dire: “Ragiuni avia Cuffaro” (“Cuffaro aveva ragione”). Fu proprio questa esclamazione a spingere gli inquirenti ad indagare in tal senso e a scoprire quell’intricata matassa di “confidenze istituzionali” in favore di taluni boss che portò alla condanna per favoreggiamento dell’allora governatore della Sicilia.

Il nuovo arresto del dottore boss, insieme al figlio Mario Carlo, è avvenuto lo scorso sabato al loro rientro dal Marocco, dove vivono e gestiscono un’importante attività nel settore ittico con gli altri figli del boss. Le accuse a carico di padre e figlio sono di associazione mafiosa, nonché di gestire un maxi commercio internazionale di droga. Nel corso del confronto con gli inquirenti, Guttadauro senior si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre il figlio ha rigettato tutte le accuse. Dalle nuove indagini, oltre alle attività criminose della famiglia Guttadauro, emergerebbe anche la mentalità “d’altri tempi” (speriamo) del boss, il quale cercava di instradare il figlio perché percorresse con determinati “valori” il proprio percorso malavitoso.

Gli consigliava infatti di “evolversi”, pur rimanendo fedele ai principi di cosa nostra. “Non puoi scendere a livello dei picciutteddi – gli spiegava – devi metterti a un livello diverso”. Sempre dalle intercettazioni, inoltre, sembrerebbe che il figlio abbia ben recepito gli insegnamenti di vita del padre. “Ho il parente del mio parente che è il più importante latitante che c’è, il secondo del mondo, il più importante che c’è in Italia”, avrebbe risposto, con orgoglio, riferendosi a Matteo Messina Denaro, Guttadauro junior ad un amico che gli chiedeva se pensasse di essere controllato dalle forze dell’ordine. Il fratello di Giuseppe Guttadauro, Filippo, zio del rampollo intercettato e appena arrestato, è cognato del latitante di Castelvetrano, attuale numero uno di cosa nostra.

Le intercettazioni e l’inchiesta riguardanti Guttadauro e il figlio dimostrano che mentalità e “valori” che tendiamo, troppo ingenuamente, a considerare ormai sradicati, purtroppo, continuano invece ad essere tramandati a talune nuove generazioni. La consapevolezza di questo tipo di “educazione” e il proseguire dell’attività criminale di personaggi già noti, deve spingerci a non allentare mai l’attenzione sulla mafia, sui suoi esponenti e persino sui loro familiari, soprattutto se ricevono una forma di “educazione” basata sulle tradizioni criminali.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org