Era stato presentato un anno fa in pompa magna, con tanto di inaugurazione del villaggio per i braccianti stagionali di origine straniera, in una mattinata gravida di parole di circostanza, sfilate di autorità, promesse, petti gonfi e sorrisi soddisfatti. Era stato presentato alla stampa come “modello Siracusa”, con una sicumera tale da convincere anche molti media e, ovviamente, chi di quanto avviene a Cassibile sa poco o niente e chi invece lo conosce al massimo come luogo dell’armistizio. Oggi il “modello Siracusa”, espressione che un anno fa passava di bocca in bocca nelle lodi reciproche e autoincensanti di Comune di Siracusa e prefettura, cui si è aggiunto l’apprezzamento di importanti esponenti del Viminale, si è inceppato. Non si parla di fallimento totale, solo perché sarebbe ingiusto disconoscere l’opportunità di un tetto e un letto per circa 90 lavoratori, ma di sicuro siamo di fronte a una fase spietatamente rivelatoria, con la caduta di ogni sovrastruttura installata sopra l’edificio pericolante della propaganda.

Una fragilità apparsa subito evidente agli occhi di chi a Cassibile ci è stato, di chi ci lavorava e ci lavora, di chi da anni conosce lo stato delle cose e ha a cuore i diritti e la dignità dei lavoratori e non si avvicina solo a periodi o a fini elettorali o per interessi di parte. La stagione è già nel pieno e le istituzioni sono tornate esattamente al punto di partenza. Un campo da 90 posti su poco meno di 400 lavoratori stagionali di passaggio a Cassibile: già da questo dato è chiaro come nell’utilizzo della parola “modello” si annidava l’errore di fondo, il peccato originale: quale sistema può essere infatti considerato un modello da imitare e da replicare (come dicevano i suoi sostenitori) se esclude in partenza il 70% di coloro ai quali è destinato? Il campo di accoglienza di Cassibile è solo una toppa, che serve una minoranza, tenendola però ai margini del borgo, ed esclude la maggioranza, costretta ad organizzarsi per trovare un letto e una doccia, un tetto e un po’ di riposo dopo una giornata estenuante di lavoro.

Il modello Siracusa naufragava già dopo la sua apertura, quando molti braccianti non avevano informazioni su come fare per riuscire ad accedervi e poi scoprivano che i posti erano terminati. Era già tutt’altro che un modello quando, mentre il Comune e la prefettura gongolavano lodandosi per questa grande operazione di giustizia, gli altri circa 300 braccianti presenti a Cassibile per la raccolta delle patate e rimasti fuori dal campo si muovevano per trovare soluzioni abitative autonome. Dove e come? Qualcuno ha trovato appartamenti in affitto (naturalmente soluzioni sovraffollate e in nero), altri si sono accampati nei dintorni di Cassibile, lontani però dai soliti luoghi del borgo che erano stati oggetto di sgombero. Circa 40-50, infatti, hanno scelto una campagna della vicina Fontane Bianche. Nessuno ne ha parlato, qualcuno non ne ha voluto parlare di proposito, per tutelare quelle persone da un altro sgombero certo, figlio della propaganda muscolare scelta dal Comune e dal suo sindaco.

Altri braccianti (ben oltre 100) hanno trovato ospitalità in chiesa, nella sola parrocchia che apre davvero le sue porte agli ultimi, ossia quella di padre Carlo D’Antoni, a Bosco Minniti. Altri ancora dormivano in macchina o nei furgoncini con i quali erano venuti a Siracusa, provenienti da altri luoghi di lavoro agricolo stagionale (e di sfruttamento). Insomma, il modello Siracusa si basava sulla logica dello struzzo: fingo di non vedere e mi convinco e convinco tutti che quello che ho fatto è una soluzione esemplare. Ciò detto, anche prendendo per buona la realizzazione del campo (dopo tre anni di dibattiti, tavoli e confronti sterili), l’idea era già monca, perché priva di un elemento molto più importante della sola logica assistenziale: ossia la lotta al caporalato, rispetto a cui non si è fatto nulla, non si è attivata alcuna azione sinergica e decisa. Un anno dopo siamo ancora nel guado. Il campo ospita circa 90 persone, le altre restano fuori dal cancello, nelle proprie tende, altre ancora provano a trovare soluzioni alternative, anche in qualche campagna, sperando che non arrivino gli sgomberi o i soliti personaggetti di Cassibile travestiti da capipopolo, ma che in realtà sono solo nostalgici in cerca di spazi politici.

Il Comune parla di soluzioni in fase di studio, di concerto con la prefettura, i sindacati di categoria della zona continuano a non fare abbastanza o si limitano a dare qualche colpo di tosse piuttosto inconsistente, le associazioni padronali tacciono e coprono le responsabilità gravissime dei loro associati, che aguzzano i denti per mordere la carne della manodopera a basso costo e a zero diritti. La società civile sonnecchia, distratta. Resta il fatto che la situazione è esattamente la stessa di sempre. Solo meno visibile, che poi è la condizione ideale sia per chi sfrutta i lavoratori sia per chi vuole prendere tempo e magari prospettare una soluzione a fine maggio o inizio giugno, quando i numeri saranno bassi e il campo potrebbe bastare per tutti. Forse aspettano tutti quel momento, così da convocare i media, soprattutto quelli sempre disponibili e non avvezzi al contraddittorio e alle domande scomode, per mostrare trionfalmente una soluzione esemplare. Tardiva, inutile, mutilata, ma pur sempre buona per un titolo a effetto e qualche lode autoprodotta.

Gli unici che in questo marasma hanno fatto qualcosa di concreto sono quelli della rete No Cap di Yvan Sagnet, che in questa zona hanno iniziato a muoversi lo scorso anno, con un’azienda che ha assunto 10 braccianti e un’altra con la quale adesso si sta parlando per avviare il percorso di adesione al progetto. Una goccia nell’oceano, troppo poco per cambiare le cose, ma di sicuro l’inizio di qualcosa di positivo, una breccia nel muro di gomma, un risultato piccolo ma utile nella lotta al caporalato che è certamente più di quanto questa amministrazione e le altre che l’hanno preceduta abbiano mai fatto. D’altra parte, c’è chi vive di fatti e chi si accontenta di parole, roboanti e vuote, spesso anche palesemente bugiarde. Purtroppo non è solo la politica ad accontentarsi, ma sono in tanti, inclusi quelli che la politica avrebbero dovuto usarla a fin di bene per cambiare le cose e invece si sono allineati. Ché non si sa mai.

Per approfondire, leggi la lunga inchiesta a puntate su Cassibile pubblicata nel 2021 sul nostro sito (clicca qui)

Massimiliano Perna -ilmegafono.org