Era il 7  marzo di 23 anni fa, quando fu approvata la legge 109/1996 contenente le “disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati” alle mafie. Una legge importantissima, ottenuta in seguito ad una petizione popolare, lanciata dall’associazione “Libera”, che poté vantare il sostegno di 1 milione di firme. Il testo legislativo in questione ha portato con sé una vera e propria rivoluzione: per la prima volta ci si è impegnati a combattere le mafie non solo nelle aule di tribunale, con pene detentive, ma anche “a casa loro”, nei loro terreni, aggiungendo un altro tipo di condanna, economica ma anche psicologica, una sorta di riscatto della società sui suoi temuti aguzzini.

Un’idea rivoluzionaria che, negli scorsi giorni, ha compiuto 23 anni e che, nella realtà, si è imbattuta e continua a scontrarsi con tutta una serie di impedimenti. Assumersi l’onere di gestire un bene sequestrato ai mafiosi si scontra, in prima istanza, con una sorta di terrore psicologico di subire intimidazioni o ritorsioni e con tutta una serie di problematiche più concrete: dalle reali minacce o ritorsioni mafiose alle complicate procedure burocratiche da seguire, senza sottovalutare, infine, il fatto che buona parte dei beni confiscati e riassegnati arriva, nelle mani dei riutilizzatori, in condizioni non soddisfacenti e richiede quindi un ulteriore sforzo.

Nonostante tutti questi deterrenti, ad oggi sono ben 777 i soggetti che in Italia sono impegnati in questa ambiziosa attività volta al riutilizzo dei beni mafiosi e tra questi non mancano esempi virtuosi. Basti per esempio pensare alla cooperativa “Libera terra”, che ha destinato i terreni confiscati che le sono stati affidati a coltivazioni biologiche ed alla realizzazione, con queste, di tutta una serie di prodotti alimentari. Merita a tal proposito menzione la decisione del Comune di Russi, in provincia di Ravenna, che, per celebrare l’anniversario della legge 109 e la “Giornata  della memoria e dell’impegno” (che ricorre il 21 marzo) ha deciso di distribuire nelle mense scolastiche comunali, dal 18 al 23 marzo, la pasta di semola biologica prodotta dalla cooperativa in questione.

Una realtà simile, di cui abbiamo già parlato qualche anno fa (leggi qui), è quella della cooperativa “Lavoro e non solo”, impegnata in una zona particolare come Corleone, che, affidandosi a campi estivi di lavoro ed impegno antimafia, riesce, al netto di qualche atto intimidatorio (un paio di mesi fa in un loro terreno è stato dolosamente tagliato un ulivo che aveva per la cooperativa un forte valore simbolico), a produrre tutta una serie di prodotti biologici tra cui una pasta ai grani antichi dedicata a Rita Borsellino. Merita menzione tra le realtà virtuose anche il “giardino della memoria” a San Giuseppe Jato (in provincia di Palermo).

In quella che fu una struttura dei Brusca, nonché il luogo di prigionia e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, oggi vengono organizzate attività didattiche volte alla sensibilizzazione dei più giovani alla tematica della lotta alla mafia, passando, inevitabilmente, per la triste ed agghiacciante storia a cui il casolare ha fatto da scenario. Allo scopo di fare conoscere queste e molte altre esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati, Libera organizzerà, sino al prossimo 21 marzo, tutta una serie di iniziative territoriali di informazione e promozione.

L’associazione ha inoltre condotto una sorta di censimento dei beni riassegnati: “BeneItalia”. Secondo quanto dichiarato da Davide Pati, vice presidente nazionale di Libera, dai dati raccolti emerge il carattere positivo della legge 109/96 che viene oggi presa come modello da tanti Stati esteri ed al contempo emergono alcune criticità di carattere burocratico che sarebbe opportuno risolvere quanto prima. Criticità a parte, questi 23 anni di “rinascita” delle terre mafiose restano un importantissimo spiraglio di luce. Luoghi che per troppo tempo hanno ospitato gesti atroci e bagni di sangue adesso accolgono ragazzi insegnando il duro lavoro, l’amicizia ed il rispetto. Laddove prima spadroneggiava il terrore adesso il sentimento chiave è la speranza.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org