All’interno del quattrocentesco palazzo Galvani di Bologna, sede del Museo Civico Archeologico, fino al 19 marzo 2023 si potrà visitare la mostra “I pittori di Pompei”, una delle più attese della stagione espositiva autunnale in Italia. Inaugurata il 23 settembre scorso, curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, l’esposizione è resa possibile da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra il Comune di Bologna, il Museo Civico Archeologico e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che prevede il prestito eccezionale di oltre 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo partenopeo, in cui è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo. Come si evince dal sito del Comune di Bologna, “il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per contestualizzarne il ruolo e la condizione economica nella società del tempo, oltre a mettere in luce le tecniche, gli strumenti, i colori e i modelli”.

Un patrimonio prezioso di immagini che, attraverso affreschi dai colori ancora vivaci, spesso di grandi dimensioni, questi pittori hanno lasciato in eredità a noi,  permettendoci di comprendere meglio i meccanismi legati al sistema di produzione delle botteghe. Pittori di cui a noi sono giunte pochissime informazioni circa le loro storie e i loro nomi.  “Grazie alle numerose testimonianze pittoriche – si legge sul sito del Comune – conservate dopo l’eruzione avvenuta nel 79 d.C. e portate alla luce dalle grandi campagne di scavi borbonici nel Settecento, le cittadine vesuviane costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere meglio l’organizzazione interna e l’operato delle officine pittoriche”.

Sotto il termine “pittura pompeiana” si riassume tutta la pittura parietale presente nelle case di Pompei del periodo compreso tra la fine del II secolo a.C. e il 79 d.C. Nella città che i romani chiamarono Bononia, per la prima  volta, verrà esposto un corpus di straordinari esempi di pittura romana provenienti da quelle domus celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali, dalle quali spesso assumono anche il nome con cui sono conosciute. Capolavori – solo per citarne alcuni – che provengono dalle domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito, dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale, e dei Papiri a Ercolano. In occasione dell’esposizione sarà proposta una ricca offerta didattica rivolta non solo alle scuole di ogni ordine e grado ma anche alle famiglie e al pubblico adulto.

Qualcuno ha scritto che Pompei ci aiuta a sistemare le cose nella memoria: attraverso la pittura proveniente da quei luoghi non solo sistemiamo le cose nella memoria ma percorriamo la nostra storia anche attraverso la bellezza, che è “l’unica cosa – scriveva Oscar Wilde – contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l’una sull’altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l’eternità”. Ecco che memoria e bellezza si intrecciano, insieme al dolore di una tragedia, come l’eruzione del Vesuvio, che ha permesso, oggi, anche attraverso il dolore di quelle vite interrotte, di conservare e ammirare quelle opere pittoriche, quelle strade, quelle botteghe, quei momenti di vita quotidiana vissuti nelle case, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di svago e, anche, nel lupanare, dove si trovano affreschi e dipinti interessanti.

Osservando le opere presenti a Bologna è possibile comprendere come alcuni artisti e pittori di Pompei sapessero usare in modo originale i modelli decorativi del tempo, individuando così dei maestri oppure dei talenti che hanno realizzato più di una decorazione e in domus diverse. La mostra, inoltre, offre la possibilità di osservare quali fossero le mode e gli stili in diverse epoche, ma permette anche di immaginare il committente alle prese con la scelta di inserire nella propria domus una decorazione che potesse inserirsi in un determinato luogo della casa e avesse la funzione di accogliere il visitatore e suscitare stupore o timore.

Simone de Beauvoir, dopo aver visitato gli scavi scrisse: “Pompei, miracolosamente conservata dalla sua morte fulminea, superò ogni nostra immaginazione: finalmente camminavamo tra rovine in cui riconoscevamo non soltanto dei templi, dei palazzi, degli edifici pubblici, ma case, ville, casolari, botteghe, taverne, mercati, tutta una città formicolante e rumorosa, come la Napoli d’oggi. Le strade lastricate con grossi selci, che fuggivano verso il cielo tra mura sbriciolate, mi riempivano gli occhi; pure, la nostra immaginazione le popolava di ombre; presa tra questi fantasmi e l’opaca realtà, sentii meglio che in alcun altro luogo al mondo il mistero dell’assenza”. E l’assenza, lo sappiamo, è lo stimolo del desiderio. Nella Mostra bolognese, nei dipinti presenti, nei colori, nelle immagini mitologiche, il desiderio regna sovrano.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org