Spiagge sabbiose, lunghe distese lambite dal mare, luoghi perfetti per le passeggiate e per un tuffo. Spiagge che, tuttavia, nel nostro Paese, rischiano di subire sempre di più gli effetti disastrosi della compressione costiera. Case, strade, edifici e altre costruzioni stanno ingabbiando quelle che rappresentano un faro importante per la salvaguardia di ambiente ed ecosistema. La ricerca condotta da diversi team di studio olandesi e pubblicata su Nature Communications, boccia l’Italia nella tutela delle spiagge sabbiose: siamo i peggiori al mondo insieme a Giappone, Bulgaria e Filippine. Se la distanza media ottimale tra gli edifici e il mare è di 392 metri, in questi Paesi, compresa l’Italia, la distanza si riduce addirittura a 10 metri. La compressione costiera produce questo effetto che è destinato ad aumentare nel corso degli anni, se si procede a questi ritmi. Le spiagge si trovano infatti tra l’incedere del mare e la costruzione selvaggia di edifici e infrastrutture, che ne indeboliscono l’importante ruolo ecosistemico.

Le spiagge sono infatti un fondamentale baluardo per la protezione della biodiversità, per mitigare le inondazioni e l’emergenza idrica, tutti fattori cruciali per scongiurare future crisi climatiche. Teoricamente, gli ecosistemi che scompaiono dalle spiagge dovrebbero migrare verso l’interno, ma questo è impedito dalla forte presenza antropica, motivo per cui si innesca il cortocircuito. La situazione è tuttavia critica in buona parte d’Europa, il continente con la distanza più ridotta tra mare ed edifici (si parla di soli 131 metri, mentre in Oceania si arriva anche a 2,8km). In Europa, spicca in negativo anche la Francia con soli 30 metri. Il problema sorge quando le infrastrutture vengono costruite anche direttamente sulla spiaggia o entro pochi metri, rendendo così ancor più complessa la situazione.

Come riportato dal sito Rinnovabili.it, nello studio si legge: “La densità di popolazione e il prodotto interno lordo spiegano il 35-39% della variazione di compressione osservata, sottolineando l’intensificarsi della pressione imposta man mano che i paesi si sviluppano e le popolazioni crescono”. Sempre lo studio, inoltre, afferma che dotare le spiagge di aree protette potrebbe arginare il danno: in molti casi si è infatti rivelato un espediente efficace. Purtroppo, però, sono ancora troppo poche le aree protette su cui poter fare affidamento.

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