Quella dell’incantatore di serpenti è una pratica antica. Sebbene venga ammantata da romantiche narrazioni sulla magia o sul misticismo che la circonda, in realtà essa è più affine alla violenza sugli animali e alla menzogna (in questo caso rivolta agli spettatori che osservano meravigliati). In realtà, infatti, i serpenti (i cobra sono quelli più usati) non danzano, non seguono affatto la musica, ma il movimento dello strumento a fiato, detto pungi, una sorta di flauto o clarinetto, adoperato dall’incantatore. Strumento che viene percepito dal serpente come una minaccia, spingendolo ad effettuare i suoi movimenti tipici di difesa. A ciò si aggiunga pure il fatto che su questi animali, per renderne molto difficile una reazione, che risulterebbe letale per l’uomo, vengono perpetrate azioni violente tese a renderlo inoffensivo e indebolirlo molto. Azioni che, in breve tempo, portano alla morte dell’animale. Non a caso, questa pratica è vietata quasi ovunque e di magico e suggestivo non ha proprio nulla. È solo una crudele messinscena per attirare il pubblico e conquistarne la fiducia e l’ammirazione.

In poche parole, si tratta di un inganno che, però, si è protratto per secoli. Una credenza che l’uomo ha riempito di sfumature mistiche e simboliche, di quel tetro significato teso a dimostrare un dominio sulla natura che è solo illusorio. Prendiamo adesso a prestito l’immagine dell’incantatore di serpenti, per trasporla sul piano politico italiano, più segnatamente su quello della gestione del potere e del consenso. Di incantatori, nella storia recente italiana, ne ritroviamo molti, anche se si fa un po’ fatica ad ammantarli di auree magiche o mistiche. Almeno, si fa fatica se si ha razionalità e se si ha a cuore la verità. Perché per il resto, c’è chi è pronto a bersi qualsiasi menzogna e a trasformare leader rozzi, bugiardi e incapaci in abili domatori, in eccellenti uomini e donne “del fare”, pronti a risolvere problemi e a non curarsi mai delle proprie responsabilità.

L’Italia ha conosciuto uno dei più grandi incantatori, quel Silvio Berlusconi che ha attraversato e segnato maledettamente la storia politica del nostro Paese per quasi 30 anni. Un venditore di nulla, un elargitore di promesse megagalattiche lanciate in pasto a un popolo riempito di slogan e bugie, al termine di un progressivo e scientifico programma di decostruzione della cultura e della società repubblicana, portato avanti a colpi di intrattenimento e di informazione di bassa lega. E a proposito di leghe, ce n’è una, quella un tempo chiamata Lega Nord e oggi diventata quasi un partito-persona di Matteo Salvini, che sulle menzogne a fini di consenso ci ha costruito le sue migliori fortune, prima di conoscere il declino inevitabile grazie al suo attuale e incontenibile segretario. Matteo Salvini è un pessimo incantatore, che ovunque verrebbe morso da un serpente già prima di adoperare il pungi, eppure per il livello nostrano è più che sufficiente, malgrado le sue menzogne costanti e fragili e le sue magagne costantemente smascherate.

Il ponte sullo Stretto è il più grande inganno di sempre, un progetto irrealizzabile, utile solo a far mangiare (e anche piuttosto bene) le ciurme di consulenti utili a girare attorno alla questione, a far ripartire progetti, ad annunciare prossimi cantieri, per poi trovarsi davanti all’ennesimo buco milionario. Un buco nel quale finiscono carte, scartoffie, parole e annunci roboanti. Il giocattolo di Salvini, l’ennesimo colpo di flauto stonato e menzognero, sbatte oggi contro la verità di analisi e documenti che rilevano le falle, la lacune, la pochezza tecnica, scientifica, politica del gruppone eccitato che sposa la causa del ponte sullo Stretto. Una figura pessima, quella del ministro Salvini, dei presidenti di Sicilia e Calabria, di quello Schifani evidentemente nostalgico degli annunci “pubblicitari” sulla realizzazione dell’opera che, già a metà degli anni ‘90, il suo compianto Cavaliere faceva urbi et orbi senza poi alcun risultato.

Un progetto che presenta 68 criticità, tra cui alcune tragicomiche, riguardanti l’aspetto sismico e quello dei venti (che non sono esattamente un dettaglio irrilevante nelle acque di Scilla e Cariddi…). Il ponte sullo Stretto, insomma, è solo una macchina da soldi che, a livello tecnico, fa e farà acqua sempre. Un’opera inutile e dispendiosa, che peraltro sottrae risorse che sarebbero fondamentali per le due regioni coinvolte, alle prese con problemi serissimi al loro interno, sul piano infrastrutturale, del rischio idrogeologico, della tutela dell’ambiente e dei beni culturali e su quello primario della sanità pubblica, sempre più devastata. Due regioni che il progetto di autonomia differenziata (alias secessione) voluto dalla Lega e dal governo Meloni metterà ancora più in ginocchio. Per di più siamo in un momento in cui, in Sicilia, 93 comuni ricadenti in cinque province (Trapani, Palermo, Enna, Caltanissetta e Agrigento) e con un totale di circa 850mila residenti, sono oggetto di razionamento idrico, effetto della siccità che ha svuotato i pozzi. Il cambiamento climatico e i ritardi strutturali, uniti all’irresponsabilità della politica, hanno prodotto conseguenze che ora saranno i cittadini a vivere sulla propria pelle.

Ecco, il punto: i cittadini. Cosa fanno, come rispondono a questa situazione e all’oltraggiosa e inutile “soluzione” del Ponte? Rispondono, in gran parte purtroppo, difendendo la scelta della grande opera, che fa sognare una dimensione europea, un collegamento diretto con il Continente, ricchezza, posti di lavoro (sulle cifre ciascuno dica la sua e la ingigantisca a piacimento, tanto funziona così). La solita frottola, che però funziona sempre. Perché alla fine, anche se ci sono quelli che protestano e spiegano che le cose non stanno così, anche se viene mostrato e raccontato l’inganno, il popolo preferisce credere che il cobra ascolti la musica e danzi. E che tutto questo sia magico.

Molto più magico della cruda realtà, dei pochi ospedali, di quelli disastrati, della sanità pubblica sempre più a pezzi a vantaggio di quella privata (e costosissima), delle strade scassate, delle autostrade fatiscenti e letali, di quelle incomplete o con lavori in corso, delle ferrovie antiche, dei collegamenti mancanti, dell’inquinamento mortale, del rischio idrogeologico altissimo, con paesini che franano e coste che si distruggono, degli incendi boschivi, dell’acqua che manca o che viene razionata, dei beni culturali trasformati in discoteche, dell’insufficiente numero di asili nido, del degrado urbano, dei trasporti pressoché inesistenti, dell’edilizia scolastica carente e di tutte quelle cose per cui sarebbero utili risorse che non si trovano mai. Se non per il Ponte, per le società di gestione e per le consulenze come quelle che, negli ultimi due anni, sono costate 4 milioni di euro.

Per i cittadini siciliani, o meglio per buona parte di loro, va tutto bene. D’altra parte danno credito a chi, per anni, la Sicilia avrebbe voluto staccarla fisicamente dall’Italia. Basta un suono di pungi, strumento degli incantatori, per danzare con loro. E non perché li percepiscono come minaccia, alla maniera del cobra, ma perché li considerano una salvezza. Al punto che non si accorgono nemmeno che, mentre gli incantatori suonano, loro stanno già perdendo tutto. Il presente e il futuro. E un pezzo di dignità.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org