Nelle ultime settimane ha fatto molto discutere una campagna di sensibilizzazione provocatoria lanciata dall’associazione Controcorrente, con l’ausilio di alcuni esperti del mondo della comunicazione. Si tratta dell’acqua Sarnella, una bottiglia d’acqua confezionata e sponsorizzata come un normale prodotto da supermercato, ma contenente l’acqua rossa tipica del fiume Sarno, il corso d’acqua perenne più inquinato d’Europa. Fin dai primi giorni, la campagna ha avuto un enorme successo a livello locale e regionale grazie alla forza dei messaggi accompagnati alla bottiglia che, sempre nell’ottica provocatoria, riportano slogan satirici come: “Favorisce la naturale formazione di tumori” o “L’Acqua che elimina. Punto”.

Come si evince dai vari comunicati e dalle interviste rilasciate dall’associazione negli ultimi giorni, l’obiettivo della campagna è quello di dare al problema lo spazio che merita. Per capire cosa ha portato a questa provocazione è importante fare un passo indietro. La piaga del fiume Sarno coinvolge circa 39 comuni su tre province della Campania, dove abitano quasi un milione di persone. L’inquinamento ha principalmente origine domestica e industriale. La prima è dovuta all’assenza di un sistema di collettamento fognario in tanti dei comuni coinvolti, la seconda alle tantissime industrie che sono presenti lungo il corso del fiume e che sversano impunemente nelle sue acque da circa 50 anni, rendendolo un ricettacolo di metalli pesanti. Tra questi ultimi quello presente in maggiore concentrazione è il cromo, la cui concentrazione arriva a superare i limiti di legge di decine di volte lungo il torrente Solofrana, tributario del Sarno.

Tra le industrie che contribuiscono a inquinare il fiume ha un ruolo non unico, ma certamente preponderante, il polo conciario di Solofra, che è tra i più grandi in Europa per la produzione delle pelli, dove ancora si opera la concia al cromo. L’alta concentrazione nelle acque del fiume di questo e altri metalli pesanti ha una diretta conseguenza sulla salute dei cittadini del bacino idrografico del fiume Sarno. Numerosi studi hanno infatti evidenziato l’alto potenziale cancerogeno del cromo nello sviluppo di determinate patologie tumorali e malattie neurodegenerative. Ciò nonostante, il mancato aggiornamento del registro tumori da parte dell’ASL, attualmente fermo al 2013, non permette uno studio epidemiologico approfondito e, così, il destino di quasi un milione di persone è lasciato al caso e alla lotta di poche associazioni che, come Controcorrente, denunciano la situazione del Sarno, fortemente compromessa da istituzioni che, da destra a sinistra, sono state immobili per 50 anni sulla questione, negando e tacendo la natura soprattutto industriale del problema.

Nell’ultimo anno, soprattutto grazie al lavoro di sensibilizzazione delle associazioni, c’è stata una presa di coscienza popolare sulla gravità del problema, quantomeno da parte dei cittadini dei comuni coinvolti. Ciò ha portato ad un aumento dei controlli e all’emergere di nuove problematiche come quella legata all’entità irrisoria delle multe fatte a chi veniva scoperto a sversare nel fiume sostanze potenzialmente tossiche.

Ciò che serve al Sarno e ai tanti cittadini coinvolti è che il problema assuma rilievo a livello nazionale e internazionale, perché si parla di un disastro ecologico non meno grave e impattante di altre situazioni come quella della terra dei fuochi il cui clamore mediatico è ben più alto. Per questo nasce Sarnella, per far parlare di sé e del Sarno, perché i media e le istituzioni non possano rimanere impassibili davanti ad un acqua che favorisce la naturale formazione di tumori. Non ci sono interessi che tengano davanti alla salute delle persone.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org