Nell’ultima settimana, nel dibattito politico ha fatto irruzione il caso legato alle dichiarazioni di Agostino Riccardi, collaboratore di giustizia ed ex esponente del clan Travali. Il gruppo di malavitosi capitolino è stato recentemente coinvolto nell’operazione “Reset” condotta dalla questura di Latina, che ha portato all’arresto di 19 persone. Nella sua testimonianza, risalente al 2018 e pubblicata in esclusiva dal quotidiano “La Repubblica” il 6 marzo, Riccardi avrebbe fatto il nome di Giorgia Meloni, sostenendo che la leader di Fratelli d’Italia, per mezzo di un non ben precisato segretario, avrebbe pagato 35mila euro in contanti per le affissioni elettorali nel Comune di Latina in occasione delle elezioni del 2013. Nella ricostruzione sarebbe coinvolto anche Pasquale Maietta, ex tesoriere del partito, finito agli onori della cronaca nel 2018 quando è stato arrestato perché accusato di riciclaggio, bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale.

Le dichiarazioni hanno suscitato un certo scalpore nel mondo politico, primo tra tutti naturalmente quello di Giorgia Meloni che, in un video su Facebook, ha difeso la sua posizione parlando di “metodi dei regimi” e “macchina del fango”, paragonando la sua vicenda, con una buona dose di creatività, a quella di Aung San Suu Kyi. Per chi non la conoscesse, riassumiamo brevemente la storia dell’ex Consigliere di Stato della Birmania. Da oltre trent’anni è impegnata nella lotta per i diritti umani nel proprio Paese e il mese scorso è stata nuovamente arrestata dopo l’ennesimo colpo di Stato operato dal regime militare che opprime la nazione. Le sue battaglie, già nel 1991, le sono valse il premio Nobel per la pace. Con il dovuto rispetto, aldilà di quella che è la verità che sicuramente verrà accertata al più presto, per fortuna l’Italia non è la Birmania e la Meloni non è Aung San Suu Kyi.

Andando oltre le considerazioni della leader di Fratelli d’Italia, quello che risulta davvero frustrante è il gioco delle parti che viene a crearsi da parte della stampa e della politica italiana ogni volta che una notizia, vera o falsa che sia, coinvolge un esponente politico. Basti pensare al caso di Bibbiano, dove tutte le forze politiche e tutti i giornali di destra, e non solo, attaccarono il sindaco Andrea Carletti, esponente del Partito Democratico, prima che venissero accertati i fatti e il suo coinvolgimento nella vicenda. Addirittura, la stessa Meloni nel 2018 attaccava il PD nazionale nel suo insieme, perché aveva sempre espresso solidarietà nei confronti del sindaco, dichiarato poi innocente dalla Cassazione nel 2019. Il garantismo all’epoca non andava molto di moda.

Ancora più assurdo è l’atteggiamento della stampa. Dopo l’indiscrezione pubblicata da Repubblica il 6 marzo e la risposta il giorno dopo della Meloni, è spuntata una presunta rettifica, preesistente, operata da Riccardi, alla prima dichiarazione rilasciata al giudice. Secondo testate come “Il Giornale”, in tale rettifica il collaboratore di giustizia avrebbe completamente ritrattato la testimonianza in cui coinvolgeva la Meloni, mentre stando a quanto dice “La Repubblica” la rettifica non cambierebbe nella sostanza la prima ricostruzione del pentito.

Insomma, chi dice la verità? Qualcuno sta mentendo, come troppo spesso accade. Passi il giornalismo d’opinione, ma non è accettabile che, in funzione di questo, la realtà venga alterata con notizie false o tendenziose che puntualmente vengono vendute dal politico di turno come oro colato.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org