Malta non è solo un’isola bellissima e ricca di storia del Mediterraneo. Malta è anche un Paese devastato dalla corruzione, centro di affari loschi, luogo di ripulitura di denaro, paradiso fiscale dai contorni oscuri. Non da ora, ma da molto tempo. A Malta, Daphne Caruana Galizia lo ha denunciato a lungo con le sue inchieste, con la sua ostinazione, a schiena dritta, conoscendo bene i rischi ai quali andava incontro. Era una giornalista che aveva come faro quello della ricerca della verità su quel sistema melmoso nel quale sprofondava la sua isola. Il 16 ottobre del 2017, Daphne è stata uccisa da un’autobomba. Un attentato che ha scioccato non solo Malta ma una buona parte dell’opinione pubblica europea e mondiale. Sì, perché le sue inchieste riguardavano Malta ma non solo.

L’ultima, quella più clamorosa, era legata ai Panama Papers, ossia il fascicolo, venuto fuori nel 2015, contenente oltre 11 milioni di documenti che mostrano come i grandi evasori nascondano i propri soldi nei vari paradisi fiscali. Fra questi paradisi figura anche Malta, una nazione nella quale la tassazione effettiva arriva all’8%, grazie a piani di incentivi e agevolazioni fiscali garantiti alle imprese. Una nazione con 450 mila abitanti capace di sottrarre agli stati europei ben 8,2 miliardi di euro. I Malta Files, la parte di documenti relativi ai maltesi coinvolti, vennero esaminati e denunciati proprio dalla Caruana Galizia, che aveva scoperto un giro di fondi neri e presunte tangenti tra il governo maltese e l’Azerbaijan, con il coinvolgimento della moglie di Joseph Muscat, leader laburista e primo ministro maltese.

Ma Daphne Caruana aveva denunciato anche altri traffici illeciti, perché Malta è un’isola di traffici, di corruzione, di società offshore dietro le quali si nascondono operazioni di riciclaggio, traffico di armi e droga, contrabbando di petrolio, tutte le attività criminali finite al centro delle indagini di Daphne. Indagini che sono state fermate con il suo assassinio. La magistratura, in questi due anni, durante i quali sono state numerose e costanti le manifestazioni per la verità e la giustizia, che si sono unite alle richieste dei familiari di Daphne e di giornalisti anche di altri paesi, ha indagato ed è arrivata a un passo dalla verità. Sono stati fermati i presunti esecutori e ora si sta arrivando ai mandanti. Che, secondo i magistrati, sono dentro il governo Muscat, finito al centro delle inchieste della Galizia.

Dopo l’arresto di un finanziere, il re dei casinò, Yorgen Fenech, sono finiti nel ciclone Keith Schembri, capo di gabinetto e braccio destro di Muscat, il ministro del Turismo, Konrad Mizzi, e il ministro delle Finanze, Chris Cardona. Tutti e tre gli esponenti politici sono finiti al centro di polemiche, al punto da doversi dimettere (Cardona si è solo autosospeso), per via dei rapporti con una società di Fenech al centro di numerosi traffici e di favori politici. Sarebbero tutti quindi dentro quel sistema corruttivo che la Caruana Galizia aveva smascherato e denunciato. In particolare su Schembri ci sarebbero anche prove del suo diretto coinvolgimento nell’omicidio della giornalista. Naturalmente, davanti alla realtà che sta emergendo, il governo del premier Muscat è finito sotto accusa e la popolazione maltese è scesa in piazza chiedendone le dimissioni e pretendendo la fine di un esecutivo sul quale vi sono più che fondati sospetti di avere tra i propri componenti i mandanti dell’omicidio di Daphne.

Una richiesta di giustizia che ha messo Muscat in imbarazzo e alla quale non può più sottrarsi, dal momento che uomini a lui molto vicini sono coinvolti dalle inchieste su corruzione e sull’omicidio della Caruana Galizia. Allo stesso modo, non va dimenticato che anche il presidente Muscat venne tirato in ballo dalla giornalista, visto il suo coinvolgimento nella questione dei Panama Papers. Dal canto suo, Muscat, a seguito delle manifestazioni e delle pressioni popolari, ha annunciato che si dimetterà a gennaio e che non si ricandiderà. Ma probabilmente anche lui dovrà dare conto di quello che è accaduto due anni fa e di quello che il suo governo ha fatto, più o meno direttamente, a una giornalista libera che ha solo fatto il suo dovere: indagare, denunciare, scrivere la verità.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org