La forza delle donne si leva su tutto il Kurdistan. Era l’8 marzo quando, ancora una volta, le donne curde hanno dato un esempio al mondo intero. L’esempio di chi non si arrende, di chi cade ma si rialza anche dentro dei campi profughi. Tra fango, cielo e speranze mai perdute, le donne curde nei campi del nord-est della Siria hanno alzato la loro voce protestando contro gli abusi subiti da parte di Isis, Syrian National Army ed esercito turco.

“Per la nostra vita, la nostra libertà, il nostro diritto di uguaglianza, la pace. Per questo e contro ogni forma di violenza – hanno affermato – lotteremo sempre. E sono gli stessi motivi per i quali tutte le donne del mondo devono lottare. Il nostro vuole essere un messaggio anche per loro”. Hanno guardato in faccia il nemico e hanno risposto con il coraggio. Sono andate oltre la violenza, l’hanno usata per combatterla. Hanno guardato negli occhi Golia, un colosso internazionale, quella Turchia con la quale l’Italia gioca a fare regali via nave corteggiandola con le armi. L’amore ai tempi dei traffici illeciti.

Eppure le donne curde si sono fatte più alte, più grandi, hanno superato maree e montagne, hanno affrontato le ferite degli stupri subiti, il dolore delle case perse, dei chilometri fatti a piedi per giungere in delle tendopoli. Hanno vinto con una protesta che ha voluto dire ad ogni forma di abuso che “Noi siamo più forti. Noi siamo donne. Esistiamo e Resistiamo”.

Non mimose, ma lotte. “Vogliamo – hanno detto – che le donne si prendano il loro diritto alla vita e lo difendano. Vogliamo anche che il mondo veda in faccia ciò che ci hanno fatto, ciò che la Turchia e i suoi alleati sono in grado di fare. Noi alziamo la nostra voce contro la loro violenza”. E sempre la loro voce sarà la strada per rialzarsi e costruire qualcosa oltre le macerie e la distruzione.

Rossella Assanti -ilmegafono.org