Il monito lanciato da Giovanni Falcone in merito alla “transnazionalità” delle mafie rischia di confermarsi come una drammatica realtà a distanza di oltre 30 anni. Nell’ultima relazione della DIA, inerente al secondo semestre del 2017, tra i dati e le informazioni che più preoccupano emerge infatti non solo un potere sempre più consolidato da parte della criminalità organizzata in Italia (in primis, come sempre, la ‘ndrangheta), ma soprattutto la possibilità che i vertici delle cosche nazionali più importanti possano unirsi e fare affari con quelli dei clan mafiosi stranieri, realizzando così una vera e propria federazione internazionale di mafie che andrebbe a compromettere non poco la sicurezza dei paesi europei.

La libertà di movimento, la facilità di comunicazione, l’abbattimento delle barriere e delle frontiere sono elementi che hanno indirettamente favorito una crescita esponenziale della criminalità organizzata in tutta Europa: laddove uno Stato tenta di combattere con leggi aspre e dure il crimine, i clan non si perdono d’animo ed espandono il proprio interesse e i propri affari in Paesi ben più benevoli o dove la “repressione” è decisamente più blanda, occultando così la propria egemonia e la propria presenza nel Paese d’origine.

Inoltre, proprio grazie alla facilità di spostamento, ecco che una vera e propria federazione agevolerebbe non poco i loschi intrecci mafiosi e gli affari internazionali degli stessi clan. Ma non è finita qui. Se tutto ciò è realizzabile e rischia di concretizzarsi, lo si deve soprattutto al fatto che le cosche italiane sono riuscite ad ottenere e a stabilire un compromesso molto importante con quelle straniere: oggigiorno, infatti, non deve sorprendere se in diverse città italiane lo spaccio o la prostituzione sono in mano a clan provenienti dall’estero (fra tutte, la mafia nigeriana è quella più preoccupante), a dimostrazione del fatto che una sorta di collaborazione e reciproca convivenza tra le mafie esiste già ed è ben consolidata.

La guerra alla criminalità, dunque, rischia di espandersi oltre i confini nazionali o, comunque, di andare ben oltre i clan locali di cui si conoscono meglio le caratteristiche e i componenti. La lotta alle mafie ormai non è più dunque una lotta tra giustizia e clan autoctoni, ma una partita ben più difficile. È vero che anche gli organi di giustizia dei diversi Paesi collaborano insieme da diversi anni, ma la poca trasparenza, una struttura di per sé articolata ed intricata come quella criminale, l’assenza di una normativa internazionale unitaria (e relativi strumenti) sul tema del contrasto alle mafie rappresentano il punto di forza della transnazionalità mafiosa.

Insomma, la mafia è riuscita ancora una volta a mutare il proprio raggio e a spostarsi in avanti rispetto a chi dovrebbe combatterla e sconfiggerla, confermando una propria caratteristica, ossia quella di cambiare pelle ad una velocità incredibile. Sembra sempre di più una rincorsa durante la quale le distanze tendono ad avvicinarsi ed allungarsi a fasi alterne, ma purtroppo mai ad azzerarsi del tutto.

Giovanni Dato -ilmegafono.org