Dalla calotta artica non arrivano buone notizie: quest’anno, infatti, essa ha raggiunto la massima estensione invernale con largo anticipo, circa 15 giorni prima, ossia il 25 febbraio, invece del 12 marzo, rispetto alla media registrata tra il 1981 e il 2010. Il fenomeno si è verificato al termine di un inverno durante il quale il ghiaccio del Polo Nord si è ricostruito meglio e più in fretta rispetto agli ultimi sette anni. L’estensione massima della calotta artica, secondo le rilevazioni del National Ice and Snow Data Center americano, è stata infatti pari a 14,88 milioni di chilometri quadrati. Un valore che si attesta al decimo posto tra i più bassi nel giro di 44 anni, ben 770mila chilometri quadrati al di sotto della media trentennale.

L’anno peggiore è stato tuttavia il 2017, durante cui alla calotta artica mancavano 1,24 milioni di chilometri quadrati. L’inverno di quest’anno si è presentato più rigido, tanto che la rotta del Mare del Nord è stata chiusa prima del previsto ad alcune navi in transito. Si è verificata inoltre un’estate antartica anomala: da quando esistono le rilevazioni, infatti, per la prima volta la calotta ghiacciata è scesa sotto i 2 milioni di chilometri quadrati, ma le cause non sono da attribuire interamente al riscaldamento globale.

Le dinamiche analizzate al Polo Sud sono più incerte rispetto al riscaldamento globale: il punto più basso dell’estensione dei ghiacci era arrivato nel 2017, mentre il record positivo è arrivato in controtendenza rispetto al resto del mondo, nel 2014. Dunque, se la calotta artica dipende senza dubbio dal riscaldamento globale, qualche incertezza invece arriva dal Polo Nord. La situazione è in rapida, purtroppo, evoluzione.

Redazione -ilmegafono.org