Gli scandali di Mani Pulite e Tangentopoli nei primi anni ‘90 del secolo scorso, secondo Transparency International Italia, hanno fatto emergere un vero e proprio sistema di corruttela politica in grado di drenare ingenti risorse sia pubbliche che private. In pochi mesi, la giustizia, supportata, all’epoca, dal forte consenso della società civile, ha colpito e di fatto portato alla cancellazione di molti partiti che si erano formati nel periodo del secondo dopoguerra. Questa “pulizia” spianò la strada a nuovi movimenti politici della cosiddetta “Seconda Repubblica”, che avrebbero dovuto rappresentare un nuovo modo di far politica. I partiti di oggi non sembrano avere imparato dagli errori del passato. Anzi, hanno replicato i medesimi modelli di influenza e infiltrazione in ogni settore della vita pubblica e di subalternità alla burocrazia, riducendo la partecipazione diretta dei cittadini alla democrazia e moltiplicando le occasioni di clientelismo e corruttela. Non sono diminuite, altresì, le infiltrazioni delle mafie, nella vita politica del Paese.

“Di corruzione ce n’è tanta, il talento è raro. Perciò, la corruzione è l’arma della mediocrità che abbonda, e voi ne sentirete ovunque la punta”, scriveva lo scrittore francese Honoré de Balzac. Di punte di corruzione, di indagati, condannati, imputati è pieno il mondo politico. Nelle ultime elezioni, il partito dei condannati ha eletto 40 parlamentari e raccolto più di due milioni di voti. Bisogna essere obiettivi, precisi e puntuali: riguarda tutti i partiti politici. È trasversale. Ma sempre in nome dell’obiettività e della precisione bisogna aggiungere che il partito dei condannati è molto più spostato a destra, visto che ben 26 esponenti appartengono alla coalizione guidata da Giorgia Meloni; che però in questa “amabile” sfida non vince. A precederla, infatti, c’è la Lega di Matteo Salvini.

Le nuove Camere avranno deputati e senatori condannati per spese pazze, accuse di falso, corruzione, peculato, riciclaggio e altro ancora. La Lega avrebbe otto deputati e due senatori tra i condannati, Forza Italia due deputati e cinque senatori, Fratelli d’Italia sette deputati e un senatore. Giorgia Meloni ha ripetuto, durante la campagna elettorale, che il successo del suo partito dipende dalla sua “classe dirigente” sui territori che, a suo dire, “è pronta per governare il Paese”. Peccato che le inchieste giudiziarie che negli ultimi anni hanno coinvolto molti esponenti di FdI in tutto il territorio nazionale, raccontano anche una storia diversa. Proprio per questo Meloni, ha affidato al suo fedelissimo Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo, di fare un po’ di pulizia all’interno del partito.

Nel suo primo discorso programmatico alla Camera, Giorgia Meloni, tra qualche buon proposito, tanta retorica, sfuggente sui diritti civili, con alcuni propositi contestabili e, a nostro parere non condivisibili, ha parlato anche di lotta alla mafia con queste parole: “Affronteremo il cancro mafioso a testa alta, come ci hanno insegnato i tanti eroi che con il loro coraggio hanno dato l’esempio a tutti gli italiani, rifiutandosi di girare lo sguardo o di scappare anche quando sapevano che quella tenacia probabilmente li avrebbe condotti alla morte. La lotta alla mafia ci troverà in prima linea, da questo governo criminali e mafiosi avranno solo disprezzo e inflessibilità”. In che modo intende combattere le mafie non è dato sapere, visto che nel programma della coalizione di centrodestra, come denunciato varie volte anche da ilmegafono.org, non vi è alcun cenno.

Probabilmente bisognerebbe proprio partire dalla famosa “pulizia” che il suo fedelissimo dovrebbe portare avanti, cercando di fare scelte coraggiose e decise, invece di imbarcare, per aumentare voti e consensi, personaggi discutibili provenienti da Lega e Forza Italia, personaggi poco controllabili e per niente raccomandabili. Varie sono le inchieste che vedono il partito di Meloni al centro dell’attenzione e diversi sono i soggetti coinvolti in varie vicende e per vari reati: dalla questione delle concessioni balneari, al falso, tentata truffa, turbativa d’asta e induzione indebita; dalla vicenda della “lobby nera” emersa dopo l’inchiesta di Fanpage.it, alle accuse di voto di scambio; dalla corruzione e traffico di influenze all’autoriciclaggio; dalla concussione, all’inchiesta sullo smaltimento dei fanghi in regione.

Non è questa la sede per fare un elenco preciso e dettagliato dei condannati e degli inquisiti; partendo dal principio che, per tutti, vale la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, una domanda (forse anche più di una), Giorgia Meloni dovrebbe porsela. Le parole contano, ma contano di più le idee, i programmi e i progetti. Contano anche le persone che dovrebbero portare avanti programmi e progetti. A tutto questo potremmo e dovremmo aggiungere i nostalgici del fascismo, presenti nel partito di Giorgia Meloni. Sempre il suo fedelissimo Giovanni Donzelli ribadisce: “Non abbiamo niente a che fare con il fascismo. A chi pensa di riportare il fascismo in Fratelli d’Italia, oltre a prenderlo a calci nel sedere, diciamo che non capisce niente”.

Il fatto è che di “calci nel sedere” dovrebbero volarne parecchi, visto che gli episodi di “nostalgia” e “folklore” (se si può definire così) all’interno del partito non si contano. Nonostante tutti gli sforzi per smarcarsi da certe accuse, infatti, dalle cronache locali o dai social spuntano di frequente foto e video di saluti fascisti, cene a base di vino del Duce e legami imbarazzanti con partiti apertamente neofascisti e neonazisti. Legami intrecciati in Italia e all’estero, Stati Uniti compresi. Anche in questo caso andrebbe fatta chiarezza con parole precise e decise, allontanando senza se e senza ma chi, per idee o per “folklore”, non ha rispetto della Costituzione repubblicana e antifascista, nata dalla Resistenza.

Giorgia Meloni avrà il compito di governare questo Paese. Sarà compito di ognuno di noi vigilare e porre la massima attenzione ai diritti civili, alla difesa dei più fragili (non solo italiani) e al rispetto della nostra Carta Costituzionale, che qualcuno vorrebbe “cambiare”. Come scriveva Sandro Pertini: “La Costituzione è un buon documento; ma spetta ancora a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso la Resistenza continua”.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org