La nostra società è in continua evoluzione, tutti i fattori umani dalla comunicazione, al commercio, persino i sentimenti, si evolvono assumendo forme diverse, più moderne. La criminalità non sfugge a questo processo evolutivo: è sempre più istruita, organizzata, infiltrata nelle pubbliche amministrazioni e nelle pieghe del settore economico. Una realtà così tanto sfaccettata e mutevole non potrebbe mai essere affrontata con metodi tradizionali e così, inevitabilmente, pure le forze dell’ordine stanno subendo evoluzioni e metamorfosi per assumere forme sempre più “specializzate” ed efficaci. L’ammodernamento delle forze di polizia ha trovato impulso nell’attivazione, nel giugno 2018, dello Sca, il Servizio centrale anticrimine, il cui scopo, secondo quanto dichiarato dal direttore Giuseppe Linares, è analizzare i principali fatti criminali e censire le operazioni di polizia giudiziaria sul territorio nazionale.

Nella cooperazione tra Sca e Sco, Servizio centrale operativo, sembrerebbe essere individuabile una manovra potenzialmente micidiale per i patrimoni mafiosi. Le due divisioni, infatti, collaborando sinergicamente attraverso lo scambio di informazioni, permetteranno di fare convergere l’attività di indagine giudiziaria (tipica dello Sco) ed i poteri di proposta di misura di prevenzione (a carico dello Sca). Le attività di polizia inoltre vertono sempre più di frequente su particolari figure professionali, facendo largo uso di agenti con abilità e formazione specifica: agenti sotto copertura ed agenti patrimonialisti. I primi sono considerati particolarmente efficaci perché “i reati spia di attività mafiose – ha spiegato Francesco Messina, il direttore della Direzione Anticrimine – sono spesso la corruzione, per esempio, magari in uffici pubblici”.

È questa la ragione per cui, terminato il corso ufficiale, 30 agenti sono stati infiltrati nelle città di Roma, Milano, Napoli e Palermo ed è prevista, nel breve periodo, la formazione di altri. Più settoriale la natura degli agenti patrimonialisti che, secondo quanto spiegato da Messina, hanno conoscenze e formazione tali da consentirgli di “leggere i bilanci, conoscere il diritto societario, saper verificare conferimenti infruttiferi o controllare polizze fideiussorie sospette”. Una categoria di poliziotti atipici che ha attirato su di sé anche dubbi e perplessità, come spesso capita con le novità, ma che, nei fatti, potrebbe essere semplicemente un nuovo strumento molto utile nell’individuazione di una certa categoria di reati che in passato si faceva un po’ di fatica a riconoscere e dunque a contrastare ma che sono invece molto diffusi e remunerativi per la criminalità organizzata.

Non si deve cadere nell’errore di pensare che il lavoro di un poliziotto sia fatto solo di appostamenti e arresti, spesso il lavoro investigativo, pur potendo apparire meno “emozionante”, è molto più incisivo nel contrastare l’attività criminale. Se è ormai indubbio che per sconfiggere le mafie è necessario contrastarne il business, appare evidente la portata innovativa dell’introduzione di questi nuovi poliziotti “tecnici”.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org