L’Italia sta cercando con fatica di ricostruire dalle macerie economiche, politiche e sociali lasciate dalle ondate di Covid-19 che, da un anno e mezzo, hanno messo letteralmente in ginocchio il Paese. Qui più che altrove bisogna fare i conti non solo con la pandemia, ma anche con i criminali che approfittano della grave depressione economica per lucrare sulla disperazione di chi ne sta pagando le conseguenze. È il caso del reato di usura, in grande ascesa negli ultimi mesi con allarmi e notizie che si susseguono da ogni angolo della nazione. Nei giorni scorsi a Cerignola, nel foggiano, è stato fermato un 53enne che era al centro di un sistema di usura con tassi di interesse che raggiungevano il 180% annuo. A denunciarlo, un imprenditore del settore calzaturiero che, versando in gravi condizioni economiche, aveva chiesto un prestito di 50mila euro nel 2015. Le minacce e la disperazione per le rate che erano arrivate a toccare i 26mila euro hanno portato l’imprenditore a rivolgersi finalmente alle Fiamme Gialle, che sono intervenute tempestivamente.

Il problema però non riguarda solo il Sud Italia, come dimostrano le inchieste. Anche al Centro, precisamente a Termoli, in Molise, si è tenuto un confronto aperto il 27 luglio sull’importanza di denunciare usura e racket. Il Molise, infatti, è fortemente colpito dai reati di usura e racket. La provincia di Isernia è infelicemente al primo posto della classifica stilata dal Sole24Ore nel 2020 sul rischio di estorsione. Anche per quanto concerne l’usura la situazione è allarmante, con la provincia di Campobasso che occupa la decima posizione su 106. Per far fronte a questa situazione di degrado è nato l’organo “SOS Impresa Molise”, per sostenere gli imprenditori vittime di questi reati e guidarli in un percorso di denuncia, difesa dei propri diritti e reperimento di finanziamenti legali.

L’allarme arriva anche da Nord Est, nell’operoso Veneto, dove la crisi pandemica ha creato enormi strascichi per le piccole imprese motore del nostro Paese. Stando alla denuncia della Ufficio Studi della Confartigianato di Mestre, circa 1800 imprese venete sono state schedate come “insolventi” presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Questo creerà ancora maggiori difficoltà per queste imprese nell’ottenere liquidità, tagliandole fuori anche dal decreto apposito che è stato varato l’anno scorso, e quindi aumenterà vertiginosamente il rischio per questi imprenditori di dover ricorrere all’usura per evitare il fallimento. Per il presidente della Confartigianato, Roberto Bottan, la soluzione, oltre che nell’azione repressiva delle forze dell’ordine, sta principalmente nel fare ricorso al Fondo per la prevenzione dell’usura, uno strumento introdotto nel nostro ordinamento qualche anno fa, ma finora quasi inutilizzato.

Insomma, sebbene il problema coinvolga ormai tutto lo Stivale, le soluzioni ci sono. La carta principale da giocare contro il terrore dell’usura è sempre la prevenzione. Il contesto economico iper-competitivo a livello internazionale nel quale sono coinvolte le piccole e medie imprese italiane obbliga a continui investimenti per tenere il confronto con le grandi multinazionali straniere. Per salvare il tessuto economico del nostro Paese, dalle imprese ai lavoratori, è fondamentale che lo Stato intervenga con la creazione di strumenti di salvaguardia e che proceda ad attivarli efficientemente. Una sfida sicuramente complessa dal cui esito probabilmente dipenderà la sopravvivenza economica del nostro Paese e il ruolo che avremo nei prossimi decenni nel panorama internazionale.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org