Siamo alle porte del Natale, con luci accese ovunque, colori a inondare le strade, la vita che prende il sapore di biscotti speziati e cannella. È quasi magia qui, è quasi magico il nostro cielo che sembra prendere le forme più belle di questo periodo dell’anno. Eppure, sotto lo stesso fazzoletto celeste c’è chi queste luci non riesce nemmeno ad immaginarle. Tra i campi profughi siriani e quelli del Kurdistan, il Natale si spegne, indistintamente dal credo, dalle religioni.

Secondo UNHCR sono 6,7 milioni i profughi del conflitto siriano dislocati nelle varie zone della stessa Siria e 3,3 milioni che hanno trovato rifugio in Stati come la Turchia, il Libano, la Germania. Sono 200.000 invece i curdi fuggiti dall’inizio dell’occupazione turca di Afrin e che ora si trovano nelle zone di Sahaaba nel nord-est siriano o nei campi profughi del Kurdistan iracheno. Milioni di cuori che battono impauriti, di occhi che hanno visto l’inferno. Numeri che sono vite, si conta che il 70% degli sfollati curdi siano donne e bambini, ora in stato di estremo bisogno.

“Questi bambini non conoscono il Natale. Alcuni non sanno più cosa vuol dire”, ci racconta H., che guarda negli occhi queste piccole vite ferme nei campi profughi siriani, vite a cui è stata strappata l’infanzia. Non hanno sogni da scartare e nemmeno luoghi dove sentirsi al sicuro. “Non possono giocare liberamente. Non possono giocare in un luogo sicuro. Sono sempre al confine con il pericolo”. Il pericolo è la morte stessa o saltare in aria per delle mine come è successo ancora ad alcuni bambini dei campi profughi nel Kurdistan siriano, nell’area di Sahaaba. Le convenzioni di Ginevra sono carta straccia per i grandi Stati colpevoli di crimini contro l’umanità dei quali si sono accuratamente macchiati.

Il presidente turco Recepp Tayyip Erdogan e il presidente siriano Bashar Al-Assad, con coalizione russa annessa. Ai due lati opposti della scacchiera, ma totalmente in simbiosi se le pedine da muovere verso il baratro della morte sono civili innocenti. Intanto mentre noi accendiamo lucine a led per decorare le sere d’inverno, in Kurdistan e in Siria si accendono bombe a grappolo a ricordarci cosa è l’inferno. Bombe vietate a livello internazionale restano a minare gli angoli dei campi profughi e a rendere difficile o impossibile giocare a dare la caccia alla libertà, se poi viene fatta saltare in aria insieme alla vita.

Sotto ogni nostro tetto è stata stilata una lista di desideri. Abbiamo carte dai colori sgargianti e qualche sogno realizzato sotto i nostri alberi. Fiocchi a racchiudere piccoli desideri espressi. Tutto ciò che per le vite di chi vive nei campi profughi diventa utopia o un’immagine sbiadita dal tempo, schiacciata dalle bombe, dalla guerra, da chi i sogni li ha accartocciati, stracciati, bruciati.

“Manca l’istruzione. Mancano i diritti fondamentali dell’uomo. Questi bambini hanno freddo, devono combattere ogni giorno con una dura e atroce realtà”, racconta ancora H. dalla Siria. Ho espresso un desiderio e l’ho messo sotto l’albero: vorrei la fine di questa violenza inaudita. Vorrei un nuovo inizio, nuovi pastelli a colorare l’infanzia di piccole vite innocenti. Sarebbe bello se tutti questi “vorrei” fossero desideri che tutti accuratamente potessimo impacchettare per il nostro Natale e poi magari scartare trovandoci dentro la magia di dare occhi, voce e luce a chi dimentica il colore dei sogni.

Rossella Assanti -ilmegafono.org