Non c’è pace per la Lega di Salvini. Dopo le inchieste de “l’Espresso”, di cui vi abbiamo parlato nello scorso numero, questa settimana la Cassazione si è espressa in merito ai 49 milioni di euro che sarebbero dovuti essere confiscati al Carroccio come effetto della condanna nel processo “The Family”, che ha dimostrato l’uso illecito dei finanziamenti pubblici al partito da parte di alcuni elementi di spicco della Lega, tra cui soprattutto l’allora segretario Bossi e l’ex tesoriere Belsito. L’inchiesta, nata nel 2012 a fronte di illeciti commessi tra il 2008 e il 2010, ha dato via appunto al processo, sfociato poi nello scorso marzo alla condanna in primo grado con relativo ordine di confisca dei 49 milioni dalle casse della Lega.

Nel momento in cui però la Guardia di Finanza ha effettuato il blitz per racimolare la somma, dai conti correnti leghisti sono stati ricavati meno di 2 milioni di euro. Successivamente i pm di Genova, che hanno condotto l’inchiesta dal principio, hanno richiesto vanamente al tribunale del Riesame di estendere l’esecuzione del sequestro. L’ultimo colpo di scena è stata la sentenza della Cassazione che ha rigettato la decisione del Riesame spiegando, con le motivazioni pubblicate in settimana, che bisogna “sequestrare i soldi ovunque siano”.

Intanto, all’inizio di quest’anno, sempre la procura di Genova ha cominciato le indagini nel merito di un’inchiesta per riciclaggio, secondo la quale si ipotizza che parte dei soldi frutto dei rimborsi illeciti sia stata messa in delle casseforti finanziare in paradisi fiscali come il Lussemburgo. A sostegno di ciò, c’è stato un blitz della Guardia di Finanza in una delle sedi della Sparkasse, nel quale avrebbe rinvenuto delle prove documentali di transazioni collegabili alla Lega per 3 milioni di euro. In questo caso però il condizionale è d’obbligo in quanto siamo ancora alle indagini preliminari e non c’è stato alcun accertamento della magistratura.

La tempesta mediatica ai danni della Lega, prevedibile conseguenza della sentenza, ha spinto l’attuale leader Matteo Salvini ad intervenire per difendere la propria causa specificando che si tratta di un “processo politico”. In seguito, l’attuale ministro dell’Interno ha aggiunto che “la Lega è l’unico partito della storia europea che vuole essere messo fuori legge tramite sentenza giudiziaria”. Salvini ha inoltre precisato che chiunque parli di soldi rubati verrà querelato.

È evidente, allora, la grande contraddizione del leader del Carroccio, che annuncia querele per tutti salvo poi diffamare a sua volta i giudici della Cassazione, millantando il complotto giudiziario che tanto era caro al suo ex (?) alleato Berlusconi. Il tutto facendosi scudo con l’immunità parlamentare. Una doppia morale tipica di chi si presenta come alternativa, ma è in parlamento da così tanto tempo da aver forse dimenticato di non essere superiore alle leggi e alle sentenze, continuando dunque a piegare qualsiasi logica al fine di perpetuare questa eterna campagna elettorale anche ad elezioni finite, crisi politica scongiurata e governo fatto.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org