Un quadro piuttosto negativo quello che emerge dal secondo report nazionale “RimanDATI”, realizzato da Libera in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Il report si occupa di indagare sulla situazione attuale nelle amministrazioni locali circa la trasparenza dei beni confiscati. Lo scenario è poco edificante per i comuni italiani, visto che buona parte di essi evidenzia grossi problemi di comunicazione e trasparenza. Lo studio ha monitorato 1073 comuni destinatari di beni immobili confiscati: di questi, ben 681, cioè sei comuni su dieci, non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Una percentuale pari al 63,5%, in crescita rispetto al primo report (dove la percentuale degli inadempienti si fermava al 62%). Il primato negativo, purtroppo, spetta al Meridione, isole comprese, con circa 400 comuni che non pubblicano elenco. A seguire, il Settentrione, con 215 comuni, mentre il Centro registra 66 comuni che non pubblicano i dati.

Le cose non migliorano per gli enti Sovra-territoriali: “Su 10 province e città metropolitane destinatarie di beni confiscati, il 50% non pubblica gli elenchi. Delle 6 regioni, solo 2 (Calabria e Piemonte) adempiono all’obbligo di pubblicazione (il 33,3%)”. Il monitoraggio riguarda un lasso di tempo che va dal mese di aprile 2022 al mese di luglio 2022 e fornisce un’analisi importante riguardo “alla capacità degli enti territoriali di rendere pienamente conoscibili e accessibili le informazioni sull’enorme patrimonio immobiliare sottratto alle mafie e destinato a tornare alla collettività attraverso comuni ma anche, sebbene in via sussidiaria, le province, città metropolitane e le regioni”. Come spiega Libera nel suo comunicato, “la base di partenza del lavoro di monitoraggio coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati ‘destinati’ beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali”.

Il report mostra come le regioni più virtuose, quelle che hanno almeno il 50% di comuni che adempiono alla pubblicazione, sono la Campania (con il 56% dei comuni che pubblicano elenco), l’Emilia Romagna (55%), le Marche e l’Umbria (50%), il Lazio (48,5%). Al contrario, le meno virtuose sono Calabria (18,8%), Abruzzo e Friuli Venezia Giulia (25%), Sicilia (29,9%) e Toscana (29,6%). Malissimo invece Basilicata, Molise, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, regioni nelle quali i comuni destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano alcuna informazione sull’ubicazione, destinazione e tipologia dei beni. Andando più nel dettaglio si evince come ci siano stati miglioramenti rispetto al report del 2021, con un aumento degli enti locali virtuosi in Campania (dal 34% del 2021 al 56,5% del 2022) e Puglia (dal 43% del 2021 al 48,5% del 2022), mentre un peggioramento si è riscontrato in Calabria (dal 37% del 2021 al 18,8% del 2022) e Sicilia (dal 42% del 2021 al 29,9% del 2022).

Sempre Libera sottolinea che “ai fini della nostra ricerca – che mira a stimolare la pubblicazione di dati pienamente e compiutamente fruibili e dunque in formato aperto – abbiamo considerato, nella percentuale dei comuni che pubblicano, esclusivamente quelli che lo fanno in formato tabellare. Tutte le altre tipologie di pubblicazione, nella valutazione complessiva, vengono associate alla categoria ‘elenco non presente’”. La ricerca, inoltre, ha evidenziato in maniera piuttosto evidente “come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. Rispetto al 2021, diminuisce in maniera netta il numero dei comuni che utilizzano formati totalmente chiusi (da 44 a 1). Solo il 21% dei comuni (82 in totale), anche se in aumento rispetto il precedente report (erano 55 i comuni) presenta formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l’unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza”.  Un piccolo passo in avanti. secondo l’associazione di Don Ciotti, verso “la piena fruibilità dei dati pubblicati, anche se resta alto il numero di comuni che utilizzano PDF scansione (49 nel 2022 rispetto ai 50 del 2021)”.

“Garantire che la filiera del dato sui beni confiscati sia trasparente – dichiara Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera – vuol dire dare spazio al protagonismo della comunità e della società civile organizzata, che solo conoscendo può progettare e programmare nuovi spazi comuni. Alla conoscenza del patrimonio e del territorio, del resto, è strettamente legata la capacità di utilizzare i fondi pubblici (siano essi di natura europea o di provenienza nazionale) per la valorizzazione dei beni confiscati, nella fase di ristrutturazione e in quella di gestione dell’esperienza di riutilizzo. […] Il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile”.

La ricerca ha poi permesso, con riferimento alle modalità di presentazione, di costruire un ranking mediato nazionale, secondo cui su una scala da 0 a 100 la media è pari a 55,5 punti. La fotografia regionale ci restituisce un quadro generale di criticità. Sono 10, infatti, le regioni “che sono al di sotto della media regionale e rimandati sulla modalità di pubblicazione: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sardegna, Umbria, Trentino Alto Adige, Molise, Valle d’Aosta, Basilicata. Queste ultime 4 regioni più che rimandate sono bocciate avendo una media pari a 0”.

Redazione -ilmegafono.org