La criminalità organizzata in Veneto è molto più presente e potente di quello che si pensi e rappresenta un problema da affrontare il prima possibile. Se è vero che di mafia si parla sempre troppo poco e ancor meno lo si fa di quella al Nord, è più frequente sentir nominare le solite regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, ogni tanto la Liguria. Eppure la presenza della criminalità organizzata in Veneto, è consistente e per nulla sporadica. Grazie anche a diverse indagini condotte negli ultimi tempi, infatti, si è potuta registrare la presenza di clan affiliati alla ‘ndrangheta (la più attiva in questo senso), ma anche alla camorra e, addirittura, all’organizzazione cinese di Keke Pan.

A dimostrare la lunga presenza delle mafie in Veneto, è anche un altro aspetto. Quello che emerge dall’allarme lanciato dall’onorevole dem Nicola Pellicani, componente della Commissione parlamentare antimafia, il quale, qualche giorno fa, ha pubblicato l’elenco dell’“Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (Anbsc), con la lista di tutti i beni sequestrati nella regione Veneto. Un elenco piuttosto lungo che va dagli anni ‘80 ad oggi e che dimostra come la criminalità abbia fatto e continui a fare affari anche in Veneto.

La questione è, poi, duplice: se, da un lato, tutto ciò non fa altro che affermare la potenza e l’influenza che certe organizzazioni criminali hanno esercitato in tutto il territorio, dall’altro bisogna anche registrare la classica lentezza ed inefficienza di una questione burocratica tutta italiana. Dei 460 beni confiscati alle mafie, infatti, solo 92 sono stati assegnati alle comunità per uso sociale. Praticamente 1 su 5. Un dato triste, preoccupante, che non fa certo del bene ad una regione che deve fare i conti con l’oppressione malavitosa. Secondo Pellicani, sarebbe “necessario un maggiore investimento nella gestione e nella valorizzazione dei beni”. Nello specifico, tutti i comuni (e in particolare quelli più piccoli) “dovrebbero essere supportati nell’azione di riutilizzo, sia sotto il profilo economico-finanziario, sia sotto l’aspetto manageriale. In tal senso, i fondi del Pnrr possono rappresentare una formidabile opportunità”.

In realtà, lo stesso Pellicani, in occasione del decreto Rilancio del 2020, aveva presentato un emendamento per estendere ai beni confiscati alla criminalità organizzata i benefici previsti dal Superbonus al 110%, sul quale si registrò scarsa attenzione da parte del Mef. “Purtroppo, però – ha affermato Pellicani – le questioni legate al possibile impiego dei beni confiscati sono tante, non ultimi i problemi burocratici e uno scarso coordinamento con l’Anbsc, oltre all’impossibilità di utilizzare alcuni beni per le loro specifiche caratteristiche”. Insomma, tanta confusione, a discapito della legalità. Una legalità che in Veneto ha bisogno di occhi aperti e di una narrazione nuova, che accenda i riflettori sulle mafie, sulla loro influenza e anche sul malfunzionamento dei meccanismi di riuso sociale dei beni.

Giovanni Dato -ilmegafono.org